martedì 28 aprile 2015

Commento alla lezione 12 del 27-04-2015: "IL MONDO DEI LAYER"

Dopo che si è inventato il mondo sui vettori, quindi un mondo costruito su entità che sono appoggiate, costituito di manipolazioni, ho costruito questo codice, quello che io posso manipolare. Ho inventato quest’altra descrizione geometrica generativa basata sulle equazioni. A un certo punto ho scoperto un grande attributo che posso avere su questo grande “mondo appoggiato”. Perché ragionando proprio su questo fatto costitutivamente diverso, che mentre i bitmap bucano lo schermo, in fondo, in questo mondo si tratta sempre di entità appoggiate, modificabili, ma non appartengono costitutivamente, non bucano lo schermo. Ragionando su questa idea, improvvisamente arriva una grossa idea, diversa, che fa compiere un grosso salto di questo mondo. Si era imparato già a nominare le varie linee, poligoni, ecc... in modo che ogni entità fosse in qualche maniera facilmente identificabile, e anche raggruppabile a una certa famiglia e sottofamiglia.
Finestra dei layer in Autocad
Ma a un certo punto il vero e proprio salto è quello che noi chiamiamo “layer” o “strato”. Che cos’è dal punto di vista tecnico? E’ una cosa abbastanza semplice, cioè io mando queste informazioni, dicendo precedentemente, che fossero tutte organizzate insieme, in un certo senso. Cioè invece che nominare tutte alcune linee appartenenti allo stesso sistema geometrico, oppure alcune linee appartenenti a un sistema idraulico, perché prima si faceva cosi, ora avviene uno scatto. Si pensa di classificare le linee per strati, quindi nella loro corrispondenza, non ci saranno soltanto le varie entità, ma ci sarà anche a che strato appartengono. Si capisce fin da subito che questa idea dello strato è molto coerente col sistema che si è appena inventato, e estremamente potente allo stesso tempo. E’ semanticamente rilevante. Successivamente poi vengono riutilizzate anche nei sistemi bitmap, è una triangolazione, però nasce a partire dai vettori. Il problema fondamentale è che tipo di semantica ha questo layer? Cioè che tipo di significato questo può assumere all’interno di quello che sto costruendo? Perché essendo di per se un costrutto logico, è di fatto depositario di infinite possibilità di semantizzarlo: cioè che cosa ci faccio?
Corrispondenza layer/modello
Che cosa è? Nel caso specifico, se noi pensiamo a un edificio, una cosa è trasmettere questo edificio, ma senza alcuna informazione che riguardano i starti o i layer, altra cosa è passarlo attraverso queste informazioni, che si hanno una serie di vantaggi, posso: estrapolare, nascondere, raggruppare, stampare, duplicare, soltanto lo strato che a me interessa, scordandomi di tutti gli altri. Questo è un passaggio enorme da un certo punto di vista. Ma l’altro passaggio importante, e forse ancora più importante, è semanticamente cosa sono questi layer. E qui si apre il mondo. Perché se noi andassimo da nostra nonna, e gli chiediamo di vedere questa stanza attraverso il concetto di layer, apparte che probabilmente già non capirebbe il concetto di pianta e di sezione, ma comunque potrà balbettare forse qualcosa ma rimane molto difficile. Se già provassimo a fare questa domanda a uno studente del primo anno, probabilmente lui riuscirà a individuare la differenza tra muri e infissi, forse.
Leon Battista Alberti, Tempio Malatestiano, Rimini, 1447
Se parliamo con uno che ha molta esperienza, dal punto di vista costruttivo, si pensi a quanti layer può vedere: layer della struttura portante, tamponamenti, coibentazioni, infissi, impianti, illuminazione, ecc… quindi si immagini semplicemente dal punto di vista costruttivo, rispetto a nostra nonna, allo studente del primo anno, quanti layer uno esperto può vedere. Ma è un gravissimo errore quello di pensare ai layer come strati a partire semplicemente da fatti fisici/costruttivi. Sarebbe proprio uno sbaglio di origine. Perché siccome il layer è di per se aperto a infinite semantiche, queste semantiche dipendono da una parta dalla instrumentalità, dalla direzione verso le quali chi le adopera le vuole attivare, e dall’altra dalla consapevolezza, dalla conoscenza, e dalla capacità che attraverso l’organizzazione di questi layer si possa arrivare ad alcuni risultati.
Esempio. Si immagini di essere un architetto legato alla divina proporzione. Mentre il costruttore, o l’architetto legato alla costruzione, ha tutta auna serie di layer che hanno a che vedere con quello, se io sono un architetto legato alla divina proporzione, sicuramente uno dei layer fondamentali saranno degli impianti geometrici regolatori e proporzionati, che in realtà a loro volta guidano tutti gli altri layer. Quindi questo layer che alla nonna certo è come stare sulla luna, al ragazzo del primo anno ha difficoltà a concepire, ma anche il costruttore ha difficoltà ad immaginare, in realtà diventano fondamentali, anzi generativi, per chi adopera altre coordinate. Anzi una volta, l’esistenza proprio di questi layer mentali erano fondamentali.
Ma a questo punto noi apriamo una strada, che non è solo quella della divina proporzione, ma di una serie di ragionamenti in cui i layer costituiscono elemento molto significativi della progettazione contemporanea. Sono gli elementi che più fortemente hanno segnato dei rapporti tra l’instrumentalità, in fondo legata all’Information Technology e legata agli strumenti CAD, e invece una sorta di strumentalità dello sviluppo del progetto e del pensiero. Infatti alcuni progetti non si sarebbero formati senza un ragionamento sul mondo dei layer. Uno si può chiedere: ma il mondo dei layer c’è sempre stato? Certo. Stiamo proprio cercando di evidenziare come alcune cose hanno avuto una sorta di implementazione. Il mondo dei vettori non c’è sempre stato, cosi come neanche il “gioco di Leonardo”, cioè i disegni bitmap non venivano trasmessi alla sua epoca  tramite segnali di fumo, credo. E’ solo una forzatura mentale per cercare di spingere a ragionare in una certa maniera, che sarebbe potuto esserci.
Carta lucida
Ma il mondo dei  layer è un mondo che gli architetti hanno sempre applicato, anche prima dell’arrivo dell’elettronica. La generazione precedente lavorava sui fogli lucidi, con i retini, con più copie. Quindi la modalità dei layer c’è sempre stata, non è arrivata con Autocad, ma ora sta a un livello avanzato, ha subito un’accelerazione significativa, tanto che entra nel modo di guardare il mondo e di pensare.
Entriamo un pò più in profondità in questo ragionamento sui layer. C’è un grosso problema: la città dei layer è Roma. Abbiamo strati presenti in questa città da più di 3.000 anni, e la particolarità non è tanto l’antichità, ma quanto che questi layer coesistono. Il problema di chi conosce Roma, ha l’imprinting che sembra naturale che possa attivare layer dell’attualità, o layer di 2.000 anni fa. E ci sono queste presenze, di strati coesistenti, che formano la particolarità della città, e in fondo è la prima cosa che colpisce un visitatore che viene da fuori, mentre noi lo viviamo da sempre e ci sembra del tutto normale. Essendo un territorio vulcanico, anche dal punto di vista orografico è layer.
Basilica di San Clemente al Laterano, Roma
Ci sono luoghi in cui è molto sentito, uno di questi è la Chiesa di San Clemente, molto vicino al Colosseo. Ha 3 strati sovrapposti, più uno strato a metà tra l’ancestrale e il mitologico, dove c’è un mitreo, con l’acqua che scorre, più lo strato paleocristiano, più Rinascimentale. La particolarità è che qui sono 4 strati percorribili. Ci sono altri luoghi che hanno questa caratteristica ma San Clemente è il principale. I Musei Capitolini sono molto significativi da questo punto di vista: dalle mura del Tempio di Giove, fino al Campidoglio come Villaggio Etrusco, è un Museo multistrato. Per far capire la nascita di Roma non c’è luogo migliore che partire dai Musei Capitolini.
Entriamo in concetti più contemporanei in questo ragionamento. Una citazione di Lewis Carrol: “sta seduto sul muro, a un certo punto cade: tutti i cavalli del re, tutti gli uomini del Re non possono mettere insieme i pezzi di Humpty Dumpty”. Si basa sullo stesso concetto che per il mondo Contemporaneo, non sono più coerenti, cioè non generano immagine unitaria, ma creano strati indipendenti, costituiscono complessità per il mondo Contemporaneo, sono costitutivamente organizzati ottimizzati secondo la propria logica, e secondo il loro insieme creano un macrosistema secondo cui le parti non sono gerarchicamente organizzati l’una all’altra, legati all’architettura della disgiunzione, o della decostruzione, ed è un filone dell’architettura contemporaneo che ha preso forza negli anni ’80.  Cosa vuol dire? Immaginiamo una questa stanza. Tutti i layer sono coerenti l’un l’altro, coerentemente insieme determinano quello che noi vediamo. Se noi estrapoliamo il sistema degli infissi, potremmo immaginare come sarà il sistema delle bucare, cioè sono in coerenza l’uno con l’altro. Cioè il layer non è un fatto ontologico. Ma se invece io mi muovo secondo livelli indipendenti, la questione cambia. Qual è il momento di passaggio, sia dal punto di vista attuativo che realizzativo?
Tschumi, Parc de la Villette, Parigi, 1983
Il momento chiave è il progetto della Villette a Parigi, del 1983. E’ interessante perché è un concorso a cui partecipano moltissimi progettisti. Gli altri progetti non vincitori presentano una logica che non ragiona per layer. E’ un misto tra collage e zoonizzazione, è diviso a fette, ma ognuno segue una regola propria. Contemporaneamente a questo, il progetto vincitore premia una chiave diversa, Tschumi. Ha un ruolo storico. Ragiona per layer e per sistemi, attraverso una logica di disgiunzione, e non coercizione. Lo fa esplodere, e crea una serie di frammenti che creano elementi costituenti che creano la parte edilizia. Questo insieme di materiale, la cosa logica è che costituisce il layer, lo strato edilizio. Poi cosa sovrappone? Sistemi di collegamenti. Un altro sistema di suolo. Sono indipendenti, cioè ciascuno fatto con la propria logica, ma sono sovrapponibili non con coercizione, ma secondo una logica costituente. Stessa cosa per spazi verdi, e spazi d’acqua. E’ una rivoluzione nell’approccio. Lo strumento layer, che era implementabile con gli strumenti tecnologici, ma c’è un effetto marsupiale, cioè si propagano. Cioè all’inizio lo copio, ma poi capisco che posso farne altro ancora con quello strumento, ricerco nuove modalità di adoperazione, ma è una crisi, perché non so che fare, non so dove arrivo. Lo posso riutilizzare per fare Palladio, mi resta comodo, ma è inutile. Questa idea di centuriare il suolo non è nuova. L’idea molto nuova è il layer.  Sono 2 logiche diverse.
Però in fondo Eisenman ci si era parecchio avvicinato, perché 4-5 anni prima di Tschumi, nel progetto di Cannareggio , la casa "10"  ruotata e scalata sempre in maniera diversa. In realtà il progetto di Eisenman per la Villette è meno interessante e per fortuna vinse Tschumi, per mostrare una serie di cose. Perché era uno dei primi casi in cui si affrontava un paro in chiave moderna.
Un altro architetto che ha fatto questo concorso è Rem Koolhaas, il Gruppo OMA. Nella sua presentazione lavora per layer, ma non orizzontali sovrapponibili, ma verticali.
Uno dei grandi è senza dubbio Libeskind. Però con accezioni diverse. Mentre l’accezione di Eisenman si basa sul palinsesto, in Tschumi lavora per disgiunzione di sistemi, invece in Libeskind il fatto grafico è cosi importante che è come se fossero dei graffiti, come se avessi diversi strati di cera, il momento in cui il layer diventa fatto espressivo. In Tschumi è un fatto meccanico.

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