Dopo che si è inventato il
mondo sui vettori, quindi un mondo costruito su entità che sono appoggiate,
costituito di manipolazioni, ho costruito questo codice, quello che io posso
manipolare. Ho inventato quest’altra descrizione geometrica generativa basata
sulle equazioni. A un certo punto ho scoperto un grande attributo che posso
avere su questo grande “mondo appoggiato”. Perché ragionando proprio su questo
fatto costitutivamente diverso, che mentre i bitmap bucano lo schermo, in fondo, in questo mondo si tratta sempre di entità appoggiate, modificabili, ma non
appartengono costitutivamente, non bucano lo schermo. Ragionando su questa
idea, improvvisamente arriva una grossa idea, diversa, che fa compiere un
grosso salto di questo mondo. Si era imparato già a nominare le varie linee,
poligoni, ecc... in modo che ogni entità fosse in qualche maniera facilmente
identificabile, e anche raggruppabile a una certa famiglia e sottofamiglia.
Finestra dei layer in Autocad |
Corrispondenza layer/modello |
Leon Battista Alberti, Tempio Malatestiano, Rimini, 1447 |
Esempio. Si immagini di essere un architetto legato alla
divina proporzione. Mentre il costruttore, o l’architetto legato alla
costruzione, ha tutta auna serie di layer che hanno a che vedere con quello, se
io sono un architetto legato alla divina proporzione, sicuramente uno dei layer
fondamentali saranno degli impianti geometrici regolatori e proporzionati, che
in realtà a loro volta guidano tutti gli altri layer. Quindi questo layer che
alla nonna certo è come stare sulla luna, al ragazzo del primo anno ha
difficoltà a concepire, ma anche il costruttore ha difficoltà ad immaginare, in
realtà diventano fondamentali, anzi generativi, per chi adopera altre
coordinate. Anzi una volta, l’esistenza proprio di questi layer mentali erano
fondamentali.
Ma a questo punto noi apriamo una strada, che non è solo
quella della divina proporzione, ma di una serie di ragionamenti in cui i layer
costituiscono elemento molto significativi della progettazione contemporanea.
Sono gli elementi che più fortemente hanno segnato dei rapporti tra
l’instrumentalità, in fondo legata all’Information Technology e legata agli
strumenti CAD, e invece una sorta di strumentalità dello sviluppo del progetto
e del pensiero. Infatti alcuni progetti non si sarebbero formati senza un
ragionamento sul mondo dei layer. Uno si può chiedere: ma il mondo dei layer
c’è sempre stato? Certo. Stiamo proprio cercando di evidenziare come alcune
cose hanno avuto una sorta di implementazione. Il mondo dei vettori non c’è
sempre stato, cosi come neanche il “gioco di Leonardo”, cioè i disegni bitmap
non venivano trasmessi alla sua epoca
tramite segnali di fumo, credo. E’ solo una forzatura mentale per
cercare di spingere a ragionare in una certa maniera, che sarebbe potuto
esserci.
Carta lucida |
Ma il mondo dei layer
è un mondo che gli architetti hanno sempre applicato, anche prima dell’arrivo
dell’elettronica. La generazione precedente lavorava sui fogli lucidi, con i
retini, con più copie. Quindi la modalità dei layer c’è sempre stata, non è
arrivata con Autocad, ma ora sta a un livello avanzato, ha subito
un’accelerazione significativa, tanto che entra nel modo di guardare il mondo e
di pensare.
Entriamo un pò più in profondità in questo ragionamento sui
layer. C’è un grosso problema: la città dei layer è Roma. Abbiamo strati presenti
in questa città da più di 3.000 anni, e la particolarità non è tanto
l’antichità, ma quanto che questi layer coesistono. Il problema di chi conosce
Roma, ha l’imprinting che sembra naturale che possa attivare layer
dell’attualità, o layer di 2.000 anni fa. E ci sono queste presenze, di strati
coesistenti, che formano la particolarità della città, e in fondo è la prima
cosa che colpisce un visitatore che viene da fuori, mentre noi lo viviamo da sempre e ci
sembra del tutto normale. Essendo un territorio vulcanico, anche dal punto di
vista orografico è layer.
Basilica di San Clemente al Laterano, Roma |
Entriamo in concetti più contemporanei in questo
ragionamento. Una citazione di Lewis Carrol: “sta seduto sul muro, a un certo
punto cade: tutti i cavalli del re, tutti gli uomini del Re non possono mettere
insieme i pezzi di Humpty Dumpty”. Si basa sullo stesso concetto che per il mondo
Contemporaneo, non sono più coerenti, cioè non generano immagine unitaria, ma
creano strati indipendenti, costituiscono complessità per il mondo
Contemporaneo, sono costitutivamente organizzati ottimizzati secondo la propria
logica, e secondo il loro insieme creano un macrosistema secondo cui le parti
non sono gerarchicamente organizzati l’una all’altra, legati all’architettura
della disgiunzione, o della decostruzione, ed è un filone dell’architettura
contemporaneo che ha preso forza negli anni ’80. Cosa vuol dire? Immaginiamo una questa stanza.
Tutti i layer sono coerenti l’un l’altro, coerentemente insieme determinano
quello che noi vediamo. Se noi estrapoliamo il sistema degli infissi, potremmo
immaginare come sarà il sistema delle bucare, cioè sono in coerenza l’uno con
l’altro. Cioè il layer non è un fatto ontologico. Ma se invece io mi muovo
secondo livelli indipendenti, la questione cambia. Qual è il momento di
passaggio, sia dal punto di vista attuativo che realizzativo?
Tschumi, Parc de la Villette, Parigi, 1983 |
Però in fondo Eisenman ci si era parecchio avvicinato,
perché 4-5 anni prima di Tschumi, nel progetto di Cannareggio , la casa "10" ruotata e scalata sempre in maniera diversa.
In realtà il progetto di Eisenman per la Villette è meno interessante e per fortuna
vinse Tschumi, per mostrare una serie di cose. Perché era uno dei primi casi in
cui si affrontava un paro in chiave moderna.
Un altro architetto che ha fatto questo concorso è Rem Koolhaas,
il Gruppo OMA. Nella sua presentazione lavora per layer, ma non orizzontali
sovrapponibili, ma verticali.
Uno dei grandi è senza dubbio Libeskind. Però con accezioni
diverse. Mentre l’accezione di Eisenman si basa sul palinsesto, in Tschumi
lavora per disgiunzione di sistemi, invece in Libeskind il fatto grafico è cosi
importante che è come se fossero dei graffiti, come se avessi diversi strati di
cera, il momento in cui il layer diventa fatto espressivo. In Tschumi è un
fatto meccanico.
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