sabato 20 giugno 2015

Commento alla lezione 23 del 03-06-2015: "SPAZIO COME INFORMAZIONE"

The Big Bang
In questa lezione conclusiva si vuole ripercorrere uno dei grandi caposaldi del tema architettonico: la definizione dello spazio. Lo scopo è legare il concetto di spazio al concetto di informazione. Questo viene fatto con un misto di strumenti, concettuali, teorici, storici. E’ difficile cominciare a parlare di spazio senza parlare del libro di Zevi, “Saper vedere l’architettura” (1948), scritto subito dopo la guerra. Un altro libro è "Verso un’architettura organica" (1945), che aveva in nuce la "Storia dell’architettura moderna", del 1950. Cosa fa Zevi in questo libro? Il titolo riprende da uno storico dell’arte italiano, Marangoni, “Saper vedere la pittura”, quindi una formula utilizzata per avvicinare un pubblico colto, non solo di architetti, ai temi in oggetto. Zevi cosa fa qui? Centra il tema dell’architettura e la sua specificità in relazione al concetto di sazio. Analizza vari modi di approcciare l’architettura, modi con il corpo, decorazione, simbolici, ecc….attribuendo a questi approcci la chiave che di volta in volta l’architettura veniva raffigurata attorno a questi concetti, ma soprattutto attorno allo spazio: “architettura capace di manipolare lo spazio”.
Estratto da Bruno Zevi
Ha qualche anticipazione nei primi ‘900 in ambito tedesco, ma lui è il grande diffusore di questo pensiero, affiancato da 2 armi molto potenti che rafforzano questa tesi, e sono il ragionamento che combina l’approccio meccanico/funzionalista tedesco, con l’approccio linguistico interessato nel rapporto tra architettura e spazio e la sua manipolazione, derivata da Frank Lloyd Wright. Quindi da una parte l’esperienza funzionale, dall’altra l’esperienza di Wright, e al centro c’è la manipolazione dello spazio. Quindi su questo diventa così convincente all’interno di questo momento storico, che diventa una sorta di assoluto, è talmente certo che non si hanno più crisi, un po’ come le regole della geometria Euclidea, è una cosa ferma, assodata. Ora però ci sono differenze, e la prima è: una cosa è dire nella definizione del concetto dell’architettura il concetto di spazio è centrale, altra cosa è dire “di che spazio parliamo?”. Perché se la cosa è condivisa dire che lo spazio è legato all’architettura, altra cosa è il concetto di spazio che cambia nelle varie fasi storiche, che Zevi blocca, mentre noi lo portiamo ancora più avanti questo ragionamento, sapendo che è solo una chiave evolutiva che continuerà ancora. Partiamo dal fatto che lo spazio permea fortemente l’architettura, è assodato, ma varia il concetto di spazio, al variare di fatti tecnologici, culturali, scientifici, muta radicalmente.
Buco nero
Costruiamo il passaggio successivo. Il concetto di spazio varia nel passare del tempo, quindi non ci muoviamo all’interno di una concezione fissa, ma mutabile. Come possiamo definire lo spazio come lo pensa Zevi? Il concetto di spazio è un concetto legato al concetto di vuoto. In buona misura il concetto di spazio legato alla manipolazione del vuoto è implicitamente derivante dalla definizione della fisica classica Newtoniana, che ha questa impostazione. Lo spazio è un vuoto, e i corpi si posizionano per masse fisiche all’interno di questo vuoto. Detto questo, però in realtà noi lo chiamiamo "spazio organo", perché questa idea? Perchè il ragionamento in realtà mette insieme un aspetto di un pensiero di tipo positivistico, basato su una logica di relazione lineare tra forma e funzione, che si basa sul modo di guardare una serie di fenomeni, e tenta di trovare una conformazione spaziale che sia fortemente legata a un’idea di come il corpo fisico e psicologico vive nello spazio. Questa riflessione serve per farci pensare in questa direzione, diverso dallo spazio funzionalistico, ma lo "spazio organo" cerca di estendere le possibilità di vivere lo spazio, sia dal punto fisico che psicologico, e l’architettura in qualche modo lo rappresenta.
F.L.Wright, Guggenheim Museum, New York, 1943
Ecco perché c’è il Guggenheim di Wright. La fruibilità dell’arte è basata sul movimento, arte fruibile in maniera dinamica, un ragionamento sia fisico che psicologico, da cui deriva una risoluzione spaziale architettonica. Quindi è chiaro che la chiave è lo spazio, e questo tipo di approccio lo si può chiamare "spazio organo" perché lo sgancia da concetti stilistici, questo è un problema generativo, psicologico e spaziale. Perché parte dal ragionamento di tipo positivistico? Tende a creare un legame lineare tra organo e funzione. A questo punto siamo sicuri, c’è una logica causa-effetto, la cultura del tempo ragiona cosi, la fisica ci dice questo, e ciò viene tradotto ed esteso in architettura. Nel progresso del pensiero, noi che deriviamo dai greci, possiamo criticare il sistema precedente, e costruire a partire dal sistema precedente. Non si demolisce ma si va avanti nel progresso di critica,cosa che altre culture non possono fare. (Approfondimenti in "Sette brevi lezioni di fisica", di Carlo Rovelli).

SPAZIO SISTEMA:
Simbolo atomo, conessioni
E' una cosa diversa dallo "spazio organo". Perché "spazio sistema"? Ritornando al corpo, e ripensando alla medicina, la medicina è costruita sull’idea della specializzazione: stomaco, cuore, orecchio…ma andando avanti la medicina ha capito che esistono fortissime relazioni tra le parti, quindi la lettura dell’organismo deve essere fatta per interrelazioni tra le parti, altrimenti non si capirebbero molte altre cose. Quindi il concetto di sistema, che nella medicina porta alle reti di vario tipo, ti porta a modificare l’idea per cui in realtà non c’è un discorso cosi fortemente gerarchico del rapporto funzione/risoluzione, ma esistono una serie in parallelo di condizioni. Parlando di Gehry il tema non è l’ottimizzazione di una caratteristica, ma di una serie in parallelo, e c’è bisogno dello strumento che lo consenta, in cui tutti i sistemi sono in coerenza l’uno con l’altro. Domanda: è etica questa struttura? Tutto è coerente all’interno di questa impostazione, è a imbuto Wright, è a sistemadi ottimizzazioni parallele in Gehry.
Quando abbiamo visto l’edificio di Van Berkel lì siamo a un punto intermedio tra "spazio sistema" e "spazio informazione"= cambio di consistenza  e mutevolezza che il sistema consente. Gehry non è basato su concetti informatici, solo lo strumento è informatico, il DNA non è informatico, mentre in Van Berkel col diagramma tutto il processo è variabile e in costante trasformazione, ma lui è a metà, più vicino a una logica di tipo informatico.

SPAZIO INFORMAZIONE
Plasma Studio
Invece di definire lo spazio come le 2 precedenti, proviamo a costruire lo spazio come informazione. sPuò funzionare dal punto di vista cognitivo, applicativo? Ci da degli spunti? Apre ragionamenti? Che usiamo finchè ci servono, poi le lasciamo e andiamo avanti, come si ragiona in scienza, come dire molte cose si possono fare all’interno di quel modello mentale, sono costrutti che possiamo sempre riprendere e riutilizzare.
Come riusciamo a costruire questo assunto? Per noi è utile per guardare una serie di fenomeni, con 10 passaggi. Innanzitutto la maniera più facile. E’ chiaro che l’idea dello spazio e organo è legato al positivismo e alla causa/effetto, legato alla produzione industriale, che ha il centro in operazioni di tipo lineari, nella sequenza della catena di montaggio, ottimizzate singolarmente, input/output. Poi succede che la fase storica dell’informazione invade il mondo, la 3°ondata, l’elemento catalizzante di tutto il processo. Il cambiamento dell’idea di città, da città/macchina a città/rete, da idea di zooning per separazione, a idea di mixitè, multitasking, compresenza. L’idea fondamentale che ci si muove sempre più non nel collocamento di oggetti puri in spazi isotropi, ma lavoriamo in spazi interstiziali, di recupero, un po’ anche per obbligo, poi di risarcimento della natura, grandi aree dismesse industriali, oggi rese disponibili per un modello diverso, diventano chiave nel modo di pensare contemporaneo, e diventano collegate l’una con l’altra.
EcoLogic Studio
Cosa centra mettere tutto insieme, informazione-verde-line New York, perché il ragionamento è complottante? Abbiamo un’infrastruttura legata al modello industriale, era per il trasporto merci nella zona dei dock. Questa ferrovia viene dismessa e programmata la demolizione. Un insieme di cittadini dal basso si muovono per salvare l’High Line, possibile grazie alla cultura americana in cui sono gli individui in cui possono organizzarsi, mentre in Europa sono le strutture, (sindacati, partiti,) riescono a bloccare l’iniziativa, mettendo in campo i testimonial, in cui la situazione cambia, che appoggiano il salvataggio. Dopodichè si apre il concorso nel 2002, poi secondo concorso dato a Diller e Scofidio, più altri paesaggisti, che organizzano il progetto. Non diventa un orto urbano, ma diventa un sistema automantenuto, molto importante, sfruttando vegetazioni già presenti, con scarsa manutenzione, e scarsi elementi architettonici.
High Line, New York
Cosa succede? Succede che diventa attrattiva di New York. Ma è una cosa sistemica, e cosa innesta? Innesta un cambiamento di valore immobiliare enorme. Una cosa è stare vicino a una ferrovia abbandonata: da 1.000 a 10.000 dollari al mq, da immobile da sfigato, lì ora ci fanno i party. Ma innesta altri processi, cioè oltre alla casa già presente, lungo l’High Line si modificano i valori immobiliari delle arre, quindi si demolisce e si ricostruisce, ecco perché poi li arriva Nouvel, Gehry, ecc.. aumenti di valori immobiliari per tutta l’area, non solo lì vicino. Ecco perché sul Tevere possa diventare e catalizzante per tutta l’area, ecco perché è sistemica. Non si fa l’High Line di New York, solo per se stessa, ma è tutto connesso. E qui si chiude il ciclo. Quindi in questo caso, vedendo cosa succede, essendo le città terzializzate, le città entrano in competizione per la qualità della vita, e a livello economico si valutano questi parametri che le città offrono, cioè sono parametri che entrano in un pacchetto di valutazione, e un possibile acquirente sceglie in base a questi criteri. Città dell’informazione, che produce e trasforma informazione, ha tante ricadute.
Il 2° concetto ha a che vedere con la modifica radicale del concetto di tempo. Legato all’idea della costruzione dello spazio, legata al concetto di tempo. Muovendoci in un’idea di spazio e tempo, mobili e manipolabili, il concetto di modello in chiave informatica attraversa entrambi, in maniera dinamica. Entrandoci dall’esterno, per arrivare al centro dello spazio come informazione, lo stiamo vedendo sotto più punti di vista.
Schiavi egizi che costruiscono piramidi
Il 3° concetto, già affrontato, è il concetto della reificazione, e ci avviciniamo al centro. Qual è questo concetto basilare? Il concetto è che non esiste una frattura tra la strumentalità e quello che appartiene al mondo della materialità. Tra le due ci sono intrecci costanti, relazioni, continui andirivieni, spesso di tipo interrogativo, ci si chiede che tipo di strumenti nuovi servono per fare questa cosa, o se i strumenti che ho cosa posso farci? E’ un continuo loop. In qualche maniera lo strumento con cui è fatta qualcosa, è presente all’interno della cosa: è reificata. Di conseguenza, si dice: cos’è lo strumento? Cos’è la cosa concreta? Col concetto di strumento mettiamo un ampio bagaglio di aspetti che vanno da concezioni scientifiche alla presenza effettiva di strumentazioni che da una parte dipendono da queste condizioni, ma dall’altra permettono il fatto di  poter realizzare prodotti fisici materiali. Traslando questo ragionamento in architettura uno si domanda: e vede una piramide. Ragioniamo al contrario. Che strumentazione in questo momento storico avevano gli artefici per creare questa materia? Possiamo pensare che non abbiano concetto del triangolo? Geometrie? No. Anzi le vediamo reificate in materia concreta. Quindi la piramide si intreccia con gli strumenti, cioè reificazione di questo stato.
La Groma, strumento Romano
Guardiamo un accampamento romano, come facevano queste cose? Dovevano avere strumenti che gli permettevano facilmente di fare queste cose attraverso il Groma. Come farei senza Groma? Quindi l’accampamento è reificazione del Groma. Poi loro avevano questa matematica geometrica, cioè riuscivano a fare calcoli complicatissimi.  Poi quando vediamo le epoche del tardo medioevo, quasi sentiamo che in quel momento tutta una serie di cose sono andate perse, alcuni strumenti sono andati persi, il ritorno a un livello di strumenti persi. Il centro rimane l’invenzione della prospettiva, proprio da questo punto di vista. Oggi si continua a fare, oggi ancora utile anche nell’epoca odierna. Cosa succede? Nasce uno strumento completamente nuovo, che non ha niente a che vedere con la pura geometria. E’ una maniera biunivoca di rappresentare il mondo su un piano, ha in sè una serie di caratteristiche un pensiero basato scientificamente, cioè funziona all’interno delle sue coordinate: bisogna avere un punto di vista, cerchio visivo, delle linee guida ecc..
Prospettiva, Brunelleschi
Una volta che si è creato questo strumento, lo strumento cosa vuole fare? Che ci faccio? Lo reifico. Cioè lo trasformo in cosa concreta. Cioè  faccio un mondo in cui la prospettiva diventa l’arma per creare il mondo attraverso l’uso della prospettiva come strumento. Se faccio le catacombe, o il medioevo, ma la prospettiva non c’è. Ciò non vuol dire che non lo posso raffigurare prospetticamente. Cioè reifico la prospettiva in una nuova generazione di architettura. Il problema è costruirlo dento l’architettura. Che devo fare? Devo dire che quello fatto prima non piace più, ma lo devo fare per forza, anche se mi piace. Cioè il gotico non mi piace perchè non viene bene in prospettiva. Quindi lo demolisco, lo cambio radicalmente, facendolo logico con lo strumento nuovo, che si reifica là.
Serlio, Libro IV, Ordine Dorico, 1537
Allora che faccio? I capitelli, tutti arzigogolati? Devo uniformarli, per farli venire bene, li riformo. Cosa mi viene in mente? Creo un sistema uniformate già più o meno esistente, cioè gli ordini classici. Poi di cosa ho bisogno? Di sistemi più possibile regolari e percepibili all’occhio, che rafforzano all’occhio la vista. Quindi l’arco ogivale non mi funziona, ma funziona meglio a tutto sesto. Stessa cosa sugli altri elementi. Quindi costruisco un sistema a immagine e somiglianza del mio modello. Questa faccenda non si ferma con la prospettiva. Non finisce qui il processo, avanzando il ragionamento, vale sempre. Perché tutti i processi legati alla macchina, cercano di trovare la strada di creare un’architettura a immagine e somiglianza della macchina.  Certo lo dicevano ovunque, tutta la letteratura. La cosa del "neurone specchio", ci sono travasi continui, e per noi è cruciale il concetto di reificazione.
Oltre la reificazione, c’è un altro fatto di non poco conto. Una cosa è avere la concezione scientifica per inventare la prospettiva, mi siedo al tavolino. Quando stiamo in difficoltà per spiegare tutte la cose fatte finora, tornando indietro, facendolo coi segnali di fumo? Invece noi cosa abbiamo oggi? La protesi.
Protesi tecnologica
E entra il concetto di protesi, cioè abbiamo strumenti che estendono in maniera pazzesca i nostri limiti fisici e cognitivi. Quindi non abbiamo soltanto il primo livello di reificazione, ma ho anche la protesi. Che è un concetto diverso, è potenziamento strumentale talmente forte che supera i 2 limiti fisici. Ma anche in estensione tutto diventa di più. Il concetto dii protesi legandosi allo strumento e alla reificazione. Che succede col cannocchiale? Succede un macello colossale. Avviene un cortocircuito grosso. Cioè una nuova concezione della fisica delle relazione, che ahimè ribalta i dogmi, ma intano la gente va al rogo, basa il ragionamento su degli assunti del pensiero scientifico, cioè misuro e creo assunti teorici da verificare per sperimentazione, cioè capsico che non mi basta carta e penna, ma capisco che mi servono delle protesi. Ecco perché il cannocchiale e Galileo rappresentano il centro. E anche il ribaltamento del mondo dall’alto in basso, ma dal basso all’alto, non si aspetta la verità divina. Cioè l’uomo crea anche delle protesi, che permettono l’accelerazione fortissima. Noi siamo in un’epoca che ormai altro che protesi abbiamo, cioè stiamo in una fase di accelerazione tale che non si è mai avuta prima, che potremmo graficizzare, e anche il corpo comincia a reagire in questo sistema. Steve Jobs, guarda all’interno di un chip, cioè è un’immagine simbolica, cioè noi lavoriamo all’interno dello strumento. Cosa vogliamo dire con tutto? Dato che esistono fenomeni di traslazione tra strumento e materia, senza prospettiva niente Rinascimento, senza macchina niente Bauhaus, senza informatica non ci può essere interrogazione all’interno di questo ragionamento. Perché c’è sempre questo travaso, in cui l’architettura tendeva a porsi come macchina, ora tende a riproporsi sulla base di temi informatici, ecco a cosa è servita la lezione sull’interattività, cioè si tende a somigliare ad alcuni modelli, ne prende alcuni aspetti. Possiamo utilizzare una definizione di organo? Di macchina? No. Di spazio a metà? Forse si o no.

Illusione ottica col colore
...E DAL PUNTO DI VISTA COGNITIVO?
Ora visto dall’esterno, mentre ora dall’interno. Cerchiamo di capire dal punto di vista teorico cognitivo come questo "spazio come informazione" può funzionare? In che senso può funzionare? In che senso possiamo lavorare su un’idea che sia proprio l’informazione a definire lo spazio? Attraverso quali categorie? Invece che lavorare sullo spazio, pensiamo di lavorare sul colore, con questo passaggio. Ma il colore esiste realmente o non esiste? All’interno  di questa domanda proviamo a muoverci e poi per estensione arriviamo allo spazio. Dal colore scopriamo una cosa interessante: innanzitutto è fortemente contestuale. Cioè non è dato in termini assoluti, ma in termini relativi, per estensione, è contestuale. Sono stati fatti esperimenti e studi a riguardo. 1 – sovrapposizione di 2 colori. 2 – staccando gli elementi perdiamo l’informazione della lettura del colore, il nostro grado di comprensione dipende da un ragionamento contestuale. Utilizzando il colore come campo prova, e poi per estensione, “lo spazio veramente esiste?”. Il colore è un fatto assolutamente di natura contestuale. Questo vale per estensione al concetto di trasparenza, cioè è in qualche maniera giocata contestualmente. Cioè ci fa capire perchè nel Bauhaus era una caratteristica oggettiva, invece la trasparenza oggi è l’opposto di idea oggettiva, ma oggi è giocata in maniera contestuale, illusoria, manipolabile, basti vedere Jean Nouvel, cioè oggi è una trasparenza completamente diversa dal paradigma industriale e meccanico.
Occhio umano, coni e bastoncelli
2° caratteristica: è fisiologica. Perché? Perché la lettura del colore dipende da come siamo costruito noi. Ad esempio, i mammiferi è un ceppo che nasce dall’evoluzione di animali notturni, quindi hanno sviluppate capacità di lettura molto limitate a vantaggio di altre. Ecco perché i mammiferi hanno i coni ottici sono solo 2 coni, che permettono di vedere in bianco e nero a vantaggio di altre caratteristiche olfattive, tattili, uditive, proprio perché sono costruiti cosi. Al contrario il grande ceppo degli uccelli hanno 4 coni, e vedono non soltanto a colori, ma vedono su uno spettro più ampio, cioè vedono più colori, estremamente ampio. Perché? Sempre per l’evoluzione della specie, che si trasmette da fatti fisici, cioè dipende da come sei costruito.
3° caratteristica: di tipo cognitivo. E le 3 caratteristiche sono combinate insieme. Nel senso che culturalmente, come capacità di orientamento, se noi parliamo a un eschimese, e gli diciamo quanti tipi di bianco esistono? 40. Perché? Perchè culturalmente, il bianco umido, si sta per rompere, riconoscono il bianco quando sotto c’è la balena, quando c’è vento, ecc… per noi esiste 1 bianco, perché non abbiamo necessità, non abbiamo consuetudine. Vale lo stesso per il blu, nel Mediterraneo abbiamo tante maniere di dire il blu. Per l’inglese o ha la nebbia o ha 1 blu. La prova di questa teoria arriva in maniera poetica, il russo Puskin, lui non riesce a dire, è indicibile, per descrivere i diversi blu, per chi arriva da un altro mondo.
Spettro luce
Quindi il colore ha queste 3 caratteristiche, che sono insieme. Da questo discende che il colore è: esiste o non esiste? E alla domanda di base si risponde in una maniera. Esistono radiazioni elettromagnetiche che lo producono, mentre il colore è informazione, cioè l’informazione mette insieme queste 3 caratteristiche, lo rendiamo operativo il colore grazie all’informazione. Facciamo un piccolo cerchio logico, e diciamo che è ovvio, cioè il colore è spesso legato all’informazione, basti pensare ai semafori. Una volta aperto questo discorso, facciamo il salto. Ma allora esiste la materia? Esistono le informazioni fisiche, ma quello che noi chiamiamo spazio è informazione, è esattamente come il colore, relazionato a queste 3 caratteristiche. Quindi c’è differenza tra materia, e concetto di trasformazione della materia in una modalità che la rende operativa attraverso queste 3 caratteristiche. Quindi dopo aver visto l’informazione in tutti gli altri modi, adesso stiamo più al centro, cioè che lo spazio è molto utile a pensarlo come informazione. Ad esempio, ci sono dei dubbi  che riguardo alla nostra fisicità, questo spazio informazione quanto è diverso se il nostro dato fisico è diverso. Cioè la materia è materia, ma lo spazio lo esperimento, lo agisco in maniera diversa se sono un uccello o se sono un batterio.
Foresta Amazzonica
Quindi il concetto di spazio è legato a un fato fisiologico. Culturale: cioè immaginiamo come per estensione come uno spazio naturale, quindi fortemente legato ai fatti cognitivi se appartieni o non appartieni cognitivo a quello spazio. Esempi: nella Giungla Amazzonica io ho zero informazioni, quindi ogni passo per me è un pericolo. Se invece lo naviga un indigeno è tutt’altra cosa. Per estensione, perché anche uno spazio urbano è esperito in maniera diversa da persone con diverse conoscenze e risorse, cioè portando dei turisti loro girano per coordinate fisse, mentre noi che conosciamo  andremmo in altri posti. Cioè si legge nelle relazioni. Tutto questo discorso ci fa capire perché la domanda “esiste lo spazio?". La risposta è uguale al colore, esiste la materia, ma lo spazio è fortemente legato al concetto di informazione. Perché dipende da tutte queste faccende. Dopodichè riarriva il concetto di protesi. Cioè noi non siamo limitati solo al nostro corpo, ma noi, come genere, abbiamo sviluppato enormemente, e in futuro tenderà ad accelerare ancora lo sviluppo tecnologico, quindi il treno che arriva sono le protesi. Quindi a livello molto più semplice, "perché lo spazio diventa informazione?". Esempio, uno arriva in una città che non conosce.
Internet degli oggetti
Ma immaginiamo in uno spazio pieno di informazioni, noi sappiamo come muoverci, grazie alle protesi di livello informatico, oggi ci muoviamo ad un internet degli oggetti, i vari spazi e le varie cose possono essere attivati in vari modi, si possono creare modelli, reti, c’è un estensione. Ma quando interviene la protesi informatica, legata al primo livello senza protesi, ma quando arriva la protesi ancora di più . Ci funziona lo spazio legato all’informazione? Ci funziona abbastanza bene. A questo punto questo spazio delle informazioni, è pieno o è vuoto? Perché noi siamo educati a pensare che questo spazio è vuoto, cioè siamo costruiti culturalmente e scientificamente, abbiamo un imprinting abituato a pensare allo spazio come vuoto, come il catechismo, abbiamo affrontato la matematica in un determinato modo. Qual è l’idea che pensiamo vera ma che non è vera per niente. Il nostro mondo è 3D, e siamo dentro uno spazio vuoto. Non c’è niente di più falso. E’ esattamente il contrario. In questa nuova dimensione lo spazio non è vuoto ma è pieno. Alcune cose le vedi, alcune informazioni non le vedi, dipende da come sei costruito, ma dipende da come usi le protesi e come le si riesce ad attivare. Questo concetto dello spazio vuoto e spazio pieno, attraversa la fisica di oggi, la teoria dei quanti, vedono lo spazio come creato da reti di molecole che ci sono nello spazio, e sono queste reti di molecole, che ci sono, fisiche, che determinano la gravità, il magnetismo, che non viaggiano su un vuoto, ma agiscono su un pieno. Anche dalla Teoria di Einstein, infatti la fisica quantistica parte da li.
Spazio voto o spazio pieno?
“Perchè dobbiamo rappresentare l’invisibile”?. Lo dobbiamo obbligatoriamente rappresentare per riuscire a manipolarlo, è un problema fondamentale per noi. La densità è buona o cattiva? Dipende, ma è un acceleratore della caratteristica di base, aumenta la bontà o la cosa cattiva. Esempio: se sto in un carcere, se sto in una cella con 2 o 10 carcerati è ben diverso. Al contrario, se stiamo a una festa, se ci sono 2 persone o mille persone, è altrettanto diverso. Questo si ripercuote sull’architettura, sono tecniche di manipolazione reale, come nei centri commerciali, devono essere abbastanza densi per garantire maggiori vendite. Gravità come se fosse un modello molecolare. C’è una rete che deforma questo spazio-tempo creando la gravità e l’accelerazione. Quindi questo spazio pieno dell’informazione su cui vogliamo agire, vogliamo intessere delle riflessioni progettuali. Immagine Santa Sofia: a metà, spazio vuoto fatto di relazioni, spazio pieno fatto di spazio granulare, che qui è visibile, ma in realtà è invisibile. Ma non vuol dire che non sia attivabile, percepibile, manipolabile, quindi questo allarga le possibilità. Attivabili grazie all’interattività di alcune caratteristiche, per esempio, e oggi non stiamo a zero su queste cose.
Vetro interattivo
IL VETRO: Come il cemento armato, inventato nel 1847, ma poi prima che trovasse la sua strada di applicazione ci sono voluti più di 60 anni, con i brevetti e con la domino di Le Corbusier. Per tutto serve un tempo, per mettere ordine a queste idee e innovazioni. Come i sistemi Kinect, che nascono nel mondo del gioco, ma possono essere utilizzati nella lettura dello spazio come informazione. Sono protesi grazie al quale uno spazio vuoto diventa pieno e diventa informazione. Ora questo strumento lo posso utilizzare per giocare a calcio virtualmente, ma altra cosa è pensare alle relazioni spaziali grazie a questa tecnologia che ormai è alla portata di tutti. Altri sistemi si basano a delle onde celebrali.
Sistema Kinect
Il metodo è progettuale più che cognitivo. Cioè queste 3 caratteristiche non è detto che siano regola, ma ci possono aiutare, li possiamo utilizzare come base, ma che possiamo variare. E’ sempre bene estremizzare le cose, porle davanti a crisi per capire, capire l’applicazione. Il nostro problema è: abbiamo il concetto di spazio come informazione. Poi abbiamo costrutti tecnologici. Poi abbiamo il problema di come questa architettura si trasforma essa stessa, ma non perché la aggiungo. Cioè avendo Kinect io sto in crisi di brutto. Come faccio a utilizzarla perché mi serva a qualcosa? Noi partiamo dalla crisi perché partendo cosi troviamo un senso. Partendo al contrario non si arriverebbe a cose nuove in architettura. Ecco perchè si parte dalla crisi per innescare un processo in cui queste cose trovano una ragione d’essere per catalizzare queste cose, sennò diventa un fatto semplicemente performativo.

ESEMPI
Blur. Questa è una generazione, un momento in cui il parametro chiave è l’informazione in cui l’architettura si trasforma non seguendo parametri tradizionali. Ci basta? Probabilmente non ci basta. Ma siamo agli albori  di questo tipo di ragionamento.
Film, Marcos Novak – lo spazio ha una densità maggiore, è dotato di sensori. Cosa succede? Lo penetro. Nell’attimo in cui lo penetro, a questo punto la localizzazione delle mie mani sono tradotte parametricamente, come mi pare, in: a) musicalmente; b) proiettare sullo schermo, cioè creare modelli 3D manipolando lo spazio; 3) raggelare le informazioni e mandare queste informazioni alla stampante creando dei frame di queste manipolazioni.
Con tutto questo capiamo il perché ragioniamo sul concetto di crisi, informazione, perché? Perché utilizzano il corpo, e non solo le mani, cercano di inserirsi nel discorso performativo, processo di ricerca, che ogni anno si ripropone.
Esistono essenzialmente 2 grandi filoni: il primo, con i sensori che agiscono nello spazio, l’altro filone è la materia stessa che interagisce, quindi non nello spazio.

sabato 30 maggio 2015

Commento alla lezione 20 del 27-05-2015: "IL NUOVO CATALIZZATORE"

Cominciamo ad essere nella parte finale del corso e oggi facciamo un ulteriore salto logico, la lezione sul "nuovo catalizzatore". Ne abbiamo parlato anche la volta scorsa, corso organizzato in 6 cicli, in cui il momento chiave di entrata di comprensione per ciascuno è sintetizzato dalla convenzione che viene usata all’interno di ciascuno di questi cicli. 1 – html: linguaggio rivoluzionario basato sulla discontinuità, salto, connessione dati;  2- idea dello schermo: come qualcosa che può essere attivato come se fossero dei buchi, dei punti, un modo molto primitivo di pensare a una convenzione, ma consente il grande mondo degli schermi e una serie di manipolazione delle immagini di tipo raster; 3 – convenzione vettoriale: basato su un codice molto più sviluppato, che si basa su livelli geometrici e dichiarativi/conoscitivi; 4 – ulteriore coordinata: che permetto l'espansione del precedente mondo per arrivare alla tridimensionalità; 5 – database e spreadsheet; esistono modelli dinamici all’interno dell’informatica. La lezione della volta scorsa è importante perchè si capisce come rientrano dentro il mondo dell’architettura l’idea dell’interconnessione dinamica delle informazioni, “what if”, che anche nell’architettura si può avere un modello informatico continuamente variabile e modificabile istantaneamente.

Il nuovo catalizzatore: interattività
Il centro del nostro ragionamento rimane la parola informazione, che addirittura abbiamo trovato nel BIM, una delle parole più operative in questa fase. Basti pensare nella differenza che c’era nel  momento della rappresentazione puramente meccanica, in Autocad, che vedevano l’informatica come una estensione delle capacità di disegno e rappresentazione, invece si pensi oggi cosa vuol dire avere al centro proprio il concetto di informazione. Anche nella pratica professionale, a poco a poco, il concetto di informazione diviene fondamentale. Una cosa molto interessante da fare in questa fase è di fare il nostro chart. Cosa succede nel nuovo paradigma informatico, dal punto di vista del programma? Costruzione? Organizzazione della città? Ragionamento estetico? Vocabolario? Cioè dobbiamo rifare la tabella del Bauhaus, riprendendo i vecchi appunti col paragone tra paradigma rinascimentale e industriale, se noi ora inseriamo il paradigma informatico, cosa succede di questo? Perché è una cosa “ill defind”? Non è una cosa precisa, ma ci creiamo una nostra mappa all’interno di questo ragionamento.
Definizione di cultura: "è una capacità di orientamento, che parte da una comprensione e conoscenza di una serie di cose, senza la quale è solo accumulo di nozioni".
Paradigma informatico
INFORMAZIONE:
1° livello: il più superficiale, visto come mezzo e veicolo della terza ondata, come grande elemento che diventa plusvalore della società di oggi. Un ragionamento è che la componente comunicativa, informativa, simbolica nel mondo contemporaneo, diventa un valore decisivo.
2° livello: informazione all’interno di un ciclo produttivo. Ritornando al BIM, l’informazione è la gestione e strutturazione dell’informazione all’interno del progetto architettonico urbanistico è alla base del flusso di gestione, dalla costruzione alla demolizione, ricopre tutto il ciclo di vita.
In questa lezione affrontiamo il tema dell’informazione a un altro livello, dando per scontato che i precedenti siano assodati. Ora ci muoviamo prendendo l’informazione come vera e propria crisi estetica. Ribaltiamo il ragionamento, lo portiamo alla modernità=portatore di rinnovamento a una fase di crisi. L’informazione innesta una crisi, cioè che tipo di ricerca estetica è possibile e prende coscienza di questa profonda trasformazione, riuscendo a dare risposte significative e pregnanti? E’ tutto qui il problema, è un processo sintetico, di interrogazione, e non di immediata risposta.
Bruno Taut, Glasshouse, 1914
 Come ci ricorderemo abbiamo attribuito alla trasparenza un vero e proprio catalizzatore estetico nel paradigma industriale. Certo con tutte altre differenze col precedente paradigma, ma il vero elemento catalizzante nel processo è stato la trasparenza, che attraversa tutte le altre caratteristiche, e le direziona. Una trasparenza che non è mai semplice presenza fisica architettonica e accessoria. Infatti, anche Taut usa il vetro, e ci gioca, ma è completamente diverso il tema della trasparenza, letterario e descrittivo dell’Art Nouveau di Taut, mentre assolutamente funzionale e industriale in Gropius. Abbiamo fatto cenni sul sistema spaziale come sovrapposizione di sottocomponenti, relativamente a Gehry, appoggiati al calcolatore, con un processo di ottimizzazione.
MODELLO: già ne abbiamo parlato, visto nei tipi metodologici, arrivato fino al diagramma, anche in casi di progettazione ricca e estremamente complessa contemporanea, soffermandoci su Van Berkel.
C’è un concetto fondamentale che attraversa questo corso, cioè che esiste un rapporto fortissimo di mutua influenza (di reificazione), tra strumenti e cose che noi facciamo con questi strumenti. Non sono scisse, non c’è un mondo di idee sconnesso dalla strumentalità, è un continuo loop tra strumentalità e cose che noi facciamo nel mondo, anzi è reificazione di idee all’interno del quale il concetto di strumento lo facciamo entrare in concezioni di tipo scientifico, di rappresentazioni, tanto di tipo tecnologico, tanto di protesi che allargano il campo. Quindi sia filosofico che tecnologico, anche perchè sono molto più in rapporto l’una con l’altra di quanto si può pensare, basti pensare al calcolatore elettronico, in cui entrano concezioni scientifiche. Il concetto fondamentale è l’influenza di uno sull’altro, cioè creiamo determinante cose proprio perché ne abbiamo gli strumenti, e si crea una circolarità.  E’ lo stesso ragionamento di Borromini, senza la quale la sua ricerca non si sarebbe innescata, invertendo lo sguardo, sovvertendo la chiesa. Poi l’autonomia dell’oggetto diventa elemento fondamentale per muoversi dentro questo sistema.

Definizione reificazione
Ritornando alla lezione precedente del BIM, abbiamo trovato diversi livelli: semantico, intelligente, interattivo, che è la parola chiave della lezione di oggi. Interattivo cioè che cosa? Abbiamo la possibilità di avere in tempo reale il cambiamento di una serie di caratteristiche, di componenti costruite ad albero, avendo continuamente verifiche “what if” che si ripercuotono sul modello. Ma questo serve a fare La Rotonda di Palladio? Tutta questa cosa serve a fare una cosa nata su tutt’altre componenti, nata da un'altra origine? Questo è il salto logico fondamentale. Siccome esistono sistemi di passaggio tra strumento e il creare, vogliamo che le caratteristiche del BIM si trasferiscano nell’architettura, cioè un’architettura intelligente, semantica, interattiva. Perché abbiamo fatto la prospettiva? Per fare la grotta, per fare il Romanico? Certo che no. Ma entra in loop, facciamo ipotesi possibili, ma è una crisi perché non sappiamo esattamente cosa otterremo. Non è un processo lineare, non è un processo facile, ma è un processo di sintesi, di salto e di innovazione dell’estetica. Quindi queste nuove caratteristiche tendono a reificarsi in nuove architetture, ma non per fare La Rotonda di Palladio, nè Gropius, che comunque amiamo, però è importante interrogarci su queste questioni. Quindi a questo punto si capisce il ruolo dell’interattività, dal titolo della lezione, “il nuovo catalizzatore”. Il paradigma informatico ha l’elemento catalizzante nell’interattività, perché su di essa convergono moltissime componenti del paradigma informatico, cosi come la prospettiva e la trasparenza prima. Questo concetto attraverso molte riflessioni negli anni di questo corso, prima era solo principio, dapprima solo spaziali/tecnologici, oggi legati anche all’ambientalità e a un’architettura quasi come fosse un essere vivente, e l’ultimo libro della collana infatti affronta Toyo Ito.
Grin grin Parck, Toyo Ito, Fukuoka, 2005

In che senso l’interattività ha a che vedere con la metafora e la continua riconfigurazione? L’interattività consente di creare delle metafore aperte, invece di bloccare il rapporto simbolo/trascrizione, mentre si creano strutture modificabili e navigabili, consente di avere delle storie aperte, livelli di manipolazione estremamente più avanzati rispetto a un rapporto puramente lineare. Fenomeni di questo genere sono da anni all’ordine del gioco, basti pensare al mondo del gioco, in cui non c’è una precostituzione. Questo solo per il primo livello, della comunicazione, ma centra a livello molto più avanzato complesso e dinamico. Noi abbiamo strumenti di tale livello di complessità che possono anche sgomentare, soprattutto se si prendono tutti insieme, ma sono tracce per cominciare a pensare come alcune delle componenti dei progetti finali possano lavorare su alcune di queste componenti.
Molti esempi raccolti negli sulle questioni interattività, ma prima è bene considerare che l’interattività la possiamo vedere da 4 punti di vista. 
Torre dei venti, Toyo Ito, Yokohama
1 - INTERATTIVITA' FISICA: tradizionalmente è il più forte livello, cioè effettivamente componenti, elementi, spazi e strutture dell’architettura si modificano interattivamente, al variare di alcune situazione esterne variano fisicamente. In che misura ora cominciamo a poter dividere la fisica in: ordine meccanico e biologico/vivente/naturale, cioè si può sottospecificare la fisica in almeno 2 ambiti.
Torre dei venti, Toyo Ito, metà anni ‘80: è uno dei primi edifici interattivo e materiale, è una torre che sta sopra un parcheggio sotterraneo. Sistema di doppie reti luminose a LED, varie componenti del panorama urbano sono  letti algoritmicamente tramite sensori, che trasformano queste informazioni in effetti luminosi, lungo questa torre. Livello performativo. La definizione di architettura si modifica, è un cambiamento delle condizione fisica.
L’interattività ha a che vedere anche con il movimento, ad esempio Calatrava, ma che non ragiona su input/output, come faremo noi, ma comunque si concentra sul movimento, come possono reagire.
Hyperbody, Università di Delft, è uno dei gruppi più attivi, “interactive installations”. In una prima fase è un approccio performativo/informativo, di tipo artistico, invece noi lo leggiamo al concetto di crisi e di necessità, perché c’è bisogno di fare costruzioni di tipo interattivo.
Studio Azzurro, Venezia, 2014
2 - INTERATTIVITA' PROIETTIVA: più semplice e meno complesso, e meno coinvolgente l’architettura. E’ uno strato che si sovrappone alla realtà, attraverso il concetto di proiezione. Esempio in Italia, “gruppo Studio Azzurro”, gruppo pluridisciplinare all’avanguardia nella creazione di ambienti interattivi di grande suggestione e bellezza, ad esempio mostra su De Andrè, o alla Biennale. Si comprende come oggi il mondo dell’arte è fortemente interattivo.

Poi altro gruppo, Blinkenlights, tedesco, lavora con i temi dell’interattività riferiti a casi esistenti, con tecnologie semplici, esempio a Toronto, loro giocano con la programmazione delle luci, non c’è un livello proiettivo ulteriore, ma attraverso un sistema attivano le luci dell’edificio, è come se fosse un muro pixelato, un raster, e ci potremmo fare ciò che vogliamo. Esempio, edificio Alexander Platz, blocco anni ’60, è il primo caso in cui hanno realizzato il sistema, giocando con le luci delle varie stanze, giocando a pingpong.
Artista Miguel Chevalier, interattività proiettiva, lui crea algoritmi trasformazionali dell’architettura, in spazi pubblici, fermate metro, alberghi, trasformando informazioni originariamente algoritmiche poi performative.
Museum of Modern Art, Realities United, Gratz

Realities united, 2 fratelli tedeschi, che hanno realizzato il sistema della pelle esterna del padiglione dell’arte a Gratz, insieme a un componente degli Archigram, che si basa sul ragionamento di semplicità con grande effetto. Mettono piccoli neon sulla pelle che possono essere digitalizzati, che possono contenere qualunque tipo di informazione.
In Italia, anni 2.000, "Interaction design" di Ivrea, sia in architettura che nel design. Arduino è nato anche in rapporto a questa scuola di Ivrea, nato da ingegneri dell’Olivetti.
3 - INTERATTIVITA' PROCESSUALE: Cioè è il processo progettuale che diventa interattivo, cioè il BIM. Cioè non è detto per niente che l’architettura sia interattiva, ma che lo sia l’approccio, anche se oggi è difficile far comprender questa cosa, mentre a noi sembra la più facile.  Le due opere più significative in cui il livello estetico entra nell’interattività, cioè Blur, di Diller e Scofidio, in cui sicuramente l’interattività è l’elemento catalizzante, ma siamo all’inizio, cioè non si sa se si può affermare che abbia la stessa importanza di Gropius  e della trasparenza. UNStudio si reifica nell'interattività progettuale del Mercedes Benz e non a livello fisico e proiettivo.
Blur, Diller e Scofidio, Yverdon-les-Bains
Quindi in Blur si inserisce l'interattività con l’ambiente, in cui la gente percepisce lo spazio, ma non la determina, invece nel Padiglione Ada, presentato nell'Expo Nazionale della Svizzera nel 2002, il fruitore entra effettivamente in rapporto con l’architettura attraverso processi interattivi.
Altro ponte, cioè il mondo dell’interattività che funziona attraverso i livelli cognitivi che vengono presi da queste nuove tecnologie che leggono le onde del cervello e della vista trasformandole in movimenti reali, ed è un mondo in arrivo, già ci sono esempi nel campo del gioco e in campo medico. Esempio, Paolo Scoppola.
Uno degli altri temi interessanti, sono all’interno dei materiali, perché l’interattività non è detto che sia solo al livello degli apparati di costruzione, ma all’interno dei materiali stessi, grazie all’arrivo nel campo delle nanotecnologie applicate ai materiali. In due parole cosa significa nanotecnologie? Costruite all’interno del materiale stesso il livello di modifica, e interattività, ad esempio il cemento che si auto pulisce, o asfalti che sono in grado di mangiarsi CO2, ma poi anche il materiale stesso si modifica. Molto di questa tecnologia è già entrata nel vetro, ma già anche nell’edilizia esistono vetri di tutti i tipi. Esempio Padiglione dell’acqua di Carlo Ratti. Nel settore dell’auto la “macchina GINA” è rimodificabile in maniera interattiva, della BMW.
Tecnologia Kinect
Oggi attraverso i sistemi Kinect siamo in grado di creare connessioni interattive a livello spaziale, in grado di leggere i movimenti nello spazio, come la Nintendo Wii o la Xbox, nel gioco, ma è un sistema di lettura input/output, che trasformano condizioni di tipo spaziale.
Il centro concettuale ha a che vedere con la reificazione e con la crisi estetica. Cioè se il mondo dell’informatica è basata sulle connessioni modificabili, noi ci chiediamo che a noi questi strumenti non ci serveono per fare l'architettura del passato, ma ci serve fare architettura a immagine e somiglianza del mondo dell’informatica, si devono travasare. Noi non parliamo mai di mondo virtuale, perché? A noi non interessa molto di creare un mondo parallelo in cui possono avvenire altri fenomeni, ma a noi invece interessa come queste tecnologie si possano reificare in una nuova generazione di architettura, che per natura è cosa vera e concreta, non ci muoviamo nel mondo digitale virtuale, ma riportiamo sempre alla materialità.

venerdì 29 maggio 2015

Commento alla lezione 19 del 25-05-2015: "MODELLI GERARCHICI"

BIM (Building Information Technology)
Siamo dentro il 6°ciclo che noi chiamiamo "Progetti delle modificazione. Interconnessioni dinamiche. Strutture gerarchiche e modelli intelligenti." L’argomento di cui noi parliamo è come e attraverso quali logiche, quali strumenti, quali sviluppi, all’interno del concetto del modello inteso in senso scientifico (5° ciclo), che è alla base di molti sviluppi dell’informatica, a terreni a noi vicini, come alcuni di questi concetti approdano compiutamente all’interno del mondo della progettazione architettonica, in una maniera di pensare al progetto di architettura in un ‘insieme di interconnessioni dinamiche, in una logica “what if”.
La lezione si può chiamare in varia maniera, ma se volessimo utilizzare la terminologia standard, entriamo nell’ambito che si chiama Building Information Modeling. Modeling rientra in questa definizione, cosi come informazione. Organizzazione futura dei dati durante il ciclo della costruzione. Tipicamente è un database, a 3 dimensioni, in tempo reale, dinamico, che aumenta la produzione nel momento della costruzione. A noi interessa cercar di radicare alcune delle basi concettuali/conoscitive e anche delle ampie possibilità di sviluppo nella ricerca architettonica. Ma allo stesso tempo, il concetto di BIM, con le varie implementazioni, sono abbastanza considerate all’ordine del giorno per chi intende praticare l’architettura in ambito professionale.
Revit, interfaccia
Un po’ come avveniva nei primi anni 2.000 si richiedeva una formazione di base nel campo della grafica via computer, software come Autocad, grafica e rendering, ormai lo standard è avere almeno un infarinatura del BIM. Il concetto di BIM non è un software, ma è una maniera di organizzare le informazioni. Dal punto di vista dello standard si considera RevitAutodesk un po’ la casa madre, ma attraversa molti software CAD. Affrontiamo l’argomento dal punto di vista concettuale, e quali sono gli aspetti costituenti di questo sistema, attraverso i nostri cicli.
Leonardo 6.0
Facciamo 2 griglie. Come faremmo a comunicare col sistema raster? Bucando lo schermo, o una porzione di esso, se utilizzo un sistema spreadsheet? Ogni casella contiene o un’informazione o un risultato. Dopodichè ho un pacchetto di operazioni già definite che mi consentono di modificare le cellule. E’ un livello basico o si può articolare? Avviene un sistema ad albero. Lo possiamo definire come sistema gerarchico? Certamente, perché se io muovo il tronco in basso muovo tutto l’albero, cosi come se tocco in mezzo. Questo quando la parola BIM non era usata, spesso si parlava di “Object Moduling”, o modelli gerarchici, focalizzandoci su questo concetto, partendo dal foglio elettronico.
Tempi progettazione CAD/BIM
Ora so come mandare informazioni di tipo vettoriale. Ma qual è la differenza col raster? Esistono delle nozioni, maniera descrittiva più efficiente, attraverso la dichiarazione di entità. Dopo aver acquisito queste nozioni, cosa succede ora? Come faccio a portare l’efficienza di questo sistema gerarchico all’interno di un modello che sia tridimensionale? Questo è il grande problema del BIM.  Proviamo a trasmettere dall’uno all’altro un elemento poligonale molto semplice. Cosa gli dico a lui col sistema vettoriale? Innanzitutto parlo e esplicito l’identità: polilinea, e gli do un nome, ad esempio Carlo.
L A1-B2: L C2-C4; L E4-E6; L E6-D6
Leonardo 6.0
Qual è il salto. Ora immaginiamo che tutta questa informazione sia racchiusa nell’entità “polilinea Carlo”. Prima dovevamo resettare e ripassare di volta in volta queste informazioni, anche se era una semplice duplicazione. Qual è il salto logico? E’ pensare non più sui singoli dati e sulla loro descrizione, ma ragioniamo su un pacchetto (oggetto, block, famiglia), cioè ragiono esclusivamente su “polilinea Carlo”. Quindi quando rivoglio quel pacchetto, dall’altra parte gli dico prendi il “pacchetto Carlo”, e non gli dico più prendi quelle informazioni. Cosa posso dirgli? "Piazzalo", "inseriscilo", "copialo", "ingrandiscilo", "scalalo", "ruotalo", ecc… Cosa succede a questo punto? Che ho una serie di “istanze” (è la parola chiave), di pacchetti "Carlo", inserite nel mio mondo. Questo blocchi quando sono inseriti nel sistema, sono delle “instance”, che presentato caratteristiche che sono inserite qua, in cui la descrizione è fatta una volta per tutte. Qual è la prima conseguenza di questo sistema che viene da pensare? Il trucco è entrare dentro il blocco, cioè decido che questo coso ha una finestra qui, poi la modifica avverrà su tutto il resto in automatico, la modifica a livello del blocco si ripercuote in tutte le “instance”. Ho una descrizione organizzata gerarchicamente, in cui alcuni tipi di informazioni sono indicazioni che appartengono all’”istance”, mentre informazioni geometriche appartengono al “block”, che una volta modificato mi si ripercuotono in tutte le “instance". E’ uno strano dare avere tra rigidità e flessibilità, per certi punti di vista. L’altro aspetto molto importante è che è un sistema molto più efficiente di quanto fatto precedentemente, perché viene fatto una volta sola il passaggio delle informazioni del blocco, perché dopo viene solo piazzato. 
Istanze
Ma perché è gerarchico? Io posso organizzare gerarchicamente queste cose, esattamente come facevo con l’albero. Esempio: blocco 1=triangolo, e blocco 2= quadrato., che formano il blocco Carlo. Poi posso creare altri sistemi, poligono + cerchio, e lo combino col sistema prima, ma li posso combinare per quante volte voglio, cioè un’istance può diventare blocco, e succede esattamente quello visto prima dell’albero. Cioè se io muovo i miei discorsi alla base, è come se scuotessi l’albero, se muovo il livello più basso è come se movessi il tronco. In questo senso è gerarchico. Ma poi che idea mi viene in mente che ha a che vedere con la griglia? Ragioniamo sul blocco Carlo. Cosa gli abbiamo dato? Informazioni di natura geometrica, che può essere tridimensionale o bidimensionale. Qual è il salto logico? Gli posso associare altre proprietà. Ma non gerarchico, ma in parallelo: è un database. E’ questa la base del BIM. C’è Carlo, che ora chiamo “muro”, o “infisso”. Carlo che ha? Ha un set di informazioni tridimensionali che ne permettono l’efficienza, la facilità di modifica, e l'organizzazione gerarchica: che posso chiamare blocco, e l’altra è istance, che può diventare blocco a livello gerarchico. Ma Carlo muro è anche associato a un database, è un record, è una riga di questa struttura.
Organizzazione gerarchica
I Field sono ipoteticamente infiniti, ma dipende da quelli che mi interessano: quanto costa? quanto pesa? voglio una foto? voglio che questo database sia collegata col manifacturing, cioè non sono dati statici, ma dinamici? Per esempio se il fornitore del mattone abbassa i prezzi, quindi la variazione mi si ripercuote su tutto. La geometria è legata al database. Il passaggio ovvio immediatamente successivo qual è?  Che ha un vero e proprio foglio elettronico: da 1° livello di informazione, da 2° livello geometrico, ho un terzo elemento che è il foglio elettronico, che mi fa i calcoli. Il dato geometrico è collegato al dato del database, per farmi un modello di spreadsheet, si crea un circolo. Quindi ogni volta che ho un blocco e un’istance in più, ho verifiche sia a livello geometrico sia a livello di spreadsheet, quindi posso verificare dei risultati. Questo sistema qua è la base di un BIM, cioè c’è una circolarità tra le informazioni e le informazioni hanno un aspetto interattivo, paragonabile a un foglio elettronico in cui posso fare un’operazione "What if".
Circolarità del processo
Cosa succede se uso il mattone B invece che il mattone B? La cosa usuale è utilizzare lo stesso modello, prima col mattone A e un altro col mattone B e faccio differenze. Entra per la prima volta l’interattività, ed avrà conseguenze importantissime. Sono variazioni che avvengono in tempo reale, un discorso di interattività nel riscontro di come si sono mosse queste informazioni. Dopodichè cosa succede? Una volta che si è mosso il meccanismo, la circolarità intrinseca, poi cosa mi viene in mente? Mi faccio dei valori di tipo energetico, per livelli ulteriori. Dei ragionamento di bellezza, li metto nel modello, cosi come l’intelligenza artificiale, lo metto nel modello. Perché una volta capito il meccanismo, io posso inserire quello che voglio e interrelare le informazioni. E’ troppo importante oggi questa questione, perché il mondo dell’architettura che si deve realizzare tende a questi modelli, ma dietro ci sono delle difficoltà, ovviamente, soprattutto quando la costruzione è assai complessa, ma non si usa per l’innovazione formale e concettuale, quanto per la realizzazione.
Questa cosa qua fa capire che all’inizio non si sapeva come chiamarla, inizialmente fu chiamata “3d database”, perché all’interno di un oggetto 3d era visto come contenitore di informazioni. Ma ormai la parola BIM è contenitore di queste cose, dove la parola “information” è la parola chiave, perché noi ci siamo abbastanza dentro, eccome.
Quindi gli script e parametrizzazione, in questo punto dove sono inseriti? Quindi perché si mette come parola chiave “symbol”? perché in alcuni programmi veniva chiamato cosi. Ma perchè molti salti umani vanno verso l’astrazione, e qui in particolare il grosso salto logico è l’instance, cioè contenitore di informazioni, che potremmo chiamare “symbol”, è iperinformativa, simbolica. E’ una terminologia utilizzata originariamente il symbol. Era una cosa molto pratica per immagazzinare molte informazioni, specialmente quando i pc non erano ancora cosi potenti, cioè le informazioni di descrizioni venivano mandate ogni volta, pur essendo magari 50 o 1.000 oggetti tutti uguali, mentre cosi diventa tutto più economico, più efficace, più intelligente, che dipende dalla capacità di chi costruisce, è incorporata nel prodotto, ma è la riflessione di chi lo fa, se uno è furbo o stupido, l’intelligenza dipende dall’utente, come anche la creazione dei layer, ma qui è ancora più potente,
più semantico, perchè tutte queste entità sono nominabili, perché il modello lo posso assemblare, muovere, rifare, attraverso caratteristiche che io mi scelgo;
+interattivo; deriva dalla circolarità che abbiamo descritto, dal punto di vista dei costi, geometrico, ecc…
In un “listato” vero e proprio cosa succede? Se un sistema non è gerarchico, enuncio la “shape” e la descrivo. Invece in questo caso gli dico che sto creando un blocco, chiamato “object”, che appartiene a questa logica qua. Con 4 caratteristiche, dopodichè c’è la descrizione. Se volessi 5 copie mi basta descrivere le 4 caratteristiche e non ogni volta tutta la descrizione.
Tutorial SketchUp. Lui lo chiama “componente” (l’object di prima), lo copio e sto creando delle istance. Modifico il componente originale, e faccio un estrusione per esempio. Creo un secondo oggetto e lo collego al primo, ma il risultato sta a un livello superiore. Ma a sua volta può essere componente.
Ora qualche esempio. Progetti di una certa complessità sono sempre più fatti con questo sistema. Ma soprattutto cosa viene in mente dopo un po’? E’ che una volta che si ha un sistema di questo tipo, è creare uno standard sulla base di questi. Quindi in diversi paesi esteri la presentazione dei progetti non è solo copia elettronica, ma addirittura è organizzata in BIM, e in futuro diventerà normativa. Il dare/avere di questo approccio, ad esempio è l’implementazione con Java, ma la sua struttura per blocchi e componenti, ti tende a far pensare così, per blocchi e componenti, cioè l’approccio di Zaha Hadid non manco per niente fatta per componenti, ma parametrica. Quindi tende ad essere abbastanza guidato entro certi binari. Comunque hanno grossi impatti a livello normativo, organizzativo, ecc… Nel percorso ciclico, all’inizio si aveva solo una direzionalità, orario per esempio. Mentre ci si può muovere anche in senso antiorario, cioè voglio cambiare dati lì e vedere in automatico cosa succede indietro al modello, e non vedendo il risultato. Cioè dati-risultato, e risultati-dati, cioè un What if al contrario, schematizzandolo con frecce. La cosa interessante è che nel senso normale, cioè inserendo dati io ottengo un solo risultato possibile, mentre facendo il percorso inverso, imponendo il risultato, ci posso arrivare attraverso molte combinazione di dati, quindi ci sono più modi per arrivare al risultato. Una delle ditte è la Bentley, e il software è microstation. Ibrido tra un programmo nato per Bèzier e un BIM, la Gehry Technologies, a fine anni ’90 erano già fatti con sistema BIM, ma non per fare scatole ma per fare Guggenheim, ma anche UNStudio, cioè modellano l’aspetto formale e dopo implementano con BIM.
Analisi dell’architettura: ci fa capire cosa succederà alla Casa dell’architettura, venerdì 29 maggio 5.30 sua conferenza. Dal 1988 ha cominciato a lavorare su Terragni in ci l’approccio al modello sia critico. Che cos’è che si cercava di fare in quella fase? Costruire modelli non solo intelligenti, ma anche semantici e interattivi, attraverso l’implementazione di strutture gerarchiche. Quindi erano contenitori che si proiettavano nell’analisi critica dell’edificio. Il problema era come costruire un modello che permettesse il rendering finale ma soprattutto che avesse tutto il livello di complessità dentro. Quindi rispetto alla potenzialità del BIM era un percorso formativo progettuale concettuale per far capire queste cose.

Questo è il momento principale del corso perché tutte queste cose sono entrate nel progetto dell’architettura, cioè questo mondo “antifissità” è entrato nell’architettura, cioè questa struttura di base è mobile e negoziabile, che è alla base sia dell’imprinting che dei modelli gerarchici, la struttura mentale di base è la stessa, senza i quali non potremmo fare i nostri salti. E’ chiaro che il modello gerarchico è al centro di questo sistema.
Commento alla lezione 18 B del 13-05-2015: "MODELLI 3 - EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI MODELLO DA ALEXANDER KLEIN A UNSTUDIO"


Ben van Berkel
Sicuramente Ben Van Berkel è una personalità centrale per capire le problematiche legate alla connessione dinamica delle informazioni, però ci arriviamo attraverso un discorso teorico, che affronta più in generale il tema d’interesse per la cultura architettonica, cioè come la cultura architettonica nell’ultimo secolo ha tentato di avere degli approcci metodologici, degli approcci che guidassero in qualche maniera la progettazione, lo sviluppo del progetto, attraverso la dichiarazione di alcune metodologie. La parola "modello" in questo caso si estende nella parola "metodologie", è come se si volessero modellare dei principi.
Adesso facendo un percorso di tipo storico, si propongono 4 tipi di modelli per entrare un pò nel ragionamento di come questa problematica sia andata evolvendo, e in questo contesto li chiamiamo "modelli decisionali", o "approcci metodologici". Perché utilizziamo la parola modello? Perché a questo punto ci interessa creare una sovrapposizione tra l’idea di "modello dinamico/informatico" come lo spreadsheet, e l’idea che in realtà gli architetti hanno usato anch’essi dei "modelli decisionali", quindi si sovrappone il termine perché lo mettiamo in un ambito unico.

1° APPROCCIO: OGGETTIVO
Nella prima fase dell’affermazione del Movimento Moderno, i CIAM, il funzionalismo, l'architettura funzionale degli anni ‘20, questa architettura era estremamente legata a un pensiero di  tipo positivista, cioè a un pensiero in cui la scienza era portatrice di avanzamenti certi, il progresso era un dato certo e scontato, e la capacità della nuova architettura di affrontare anche temi della casa per tutti, popolare, era un allargamento della capacità di rispondere a tanti ambiti della società, in stretta relazione della capacità pratica legata al mondo dell’industria. Tutto questo mondo vuole trovare applicazione in approcci di tipo metodologico, vuole formare una metodologia che possa guidare questi processi, quindi rifiuta metodologie precedenti, come canoni Beaux Arts, quindi stilistica, o forme preconfezionate tipologiche in cui inserire il progetto. Tutto questo fu respinto, invece per cercare modelli decisionali molto più vicino al pensiero basato sulla filosofia del positivismo. Quindi la parola chiave è oggettivo, da Neue Sachlichkeit.
Hannes Meyer, Hans Wittwer, Petersschule, Basilea, 1926
Si cerca di oggettivizzare i bisogni, le necessità, e le funzioni tendono ad essere oggettive. Cosa vuol dire? Cercare di categorizzare bisogni e funzioni, rese chiare, quindi valide per un grande numero di persone, quasi la totalità, fortemente legato allo standard. Si basa su un’interpretazione della realtà a qualcosa che si basa su scelte della progettazione. Cosa succede dal punto di vista pratico? Si rendono oggettivi i dati della popolazione, i numeri più ricorrenti. Quanti sono gli abitanti? L’appartamento tipo della famiglia tipo, che si può in qualche modo rendere oggettivo. Lo stesso approccio che si ha nella creazione delle automobili, basate su alcune astrazioni della realtà che diventano oggettive. In questo contesto c’è un grande sviluppo della manualistica, ci sono i primi manuali. Si fissano dimensioni, standard e caratteristiche, primo fra tutti il Neufert degli anni ’30, comporta scelte tipo, tutto categorizzato: si rendoo oggettive prima le necessità e poi le scelte. L’oggettività si esplica nel rendere omogenee le necessità, standardizzarle, farle diventare simili a un annuario statistico, e dall’altro fornire gli  elementi chiave con le decisioni. Da una parte i dati dei manuali, dall’altra strumenti intermedi che aiutino a formulare questo tipo di scelte. I criteri classici sono le categorie della zona giorno e zona notte. Altre sono l’orientamento solare, organizzato su dati eliotermici, altri la distanza ottimale tra edifici, la minimalizzazione delle funzioni, zone servite e zone serventi, sono categorie che aiutano a formulare oggettivamente queste scelte. Il tutto è collegato da queste scelte di tipo oggettivo, supportato da questi manuali, si rivelarono in scelte formali, che implicitamente si generarono dai diagrammi organizzativi di queste scelte.
Ville Radieuse, Le Corbusier, 1924
Questo tipo di pensiero ha rappresentato una grande rivoluzione progressista, perché è un approccio che ha eliminato e aggiornato un modo di fare architettura appartenenti ad altre coordinate. Generazioni di architetti si sono formati all’interno di questi sistemi, come la generazione degli anni ’70, quello era il sistema, l’unico, sono scelte concatenate.  Due simboli sono: il Neufert, e l’altro Alexander Klein, che nel gruppo razionalista tedesco, ha elaborato questa serie di principi di organizzazioni, ecc… Il diagramma a blocchi è il simbolo di questa operazione. Cioè l’idea di poter scindere l’oggetto nelle sue componenti funzionali, un po’ come una fabbrica in cui ci sono una di serie l’altra, input/output, era il modello principale di organizzare queste funzioni, che anticipa che la forma dell’architettura somigli a questo diagramma. Si è abbastanza sicuri di questo approccio, sono passaggi concatenati. Non ci sono salti, sono note le funzioni, sono chiare e concatenate. L’esito è autogeneratesi dalla logica stessa, non ci si chiede che forma deve essere una biella, perché nasce dall’ottimizzazione della sua funzione. E’ un processo tutto lineare. Si è costruita la città post-bellica con questo modello.
Pianta Bauhaus, Dessau
Affiancato a questo modello ci sono i regesti tipologici. Cioè dei libri che presentano una serie di esempi, fatti con questi categorie, che presentano queste funzioni, alla fine degli anni ’30. Questo è il modello tipicamente industriale, in cui gli architetti sapevano perfettamente come procedere. Oggi gli architetti si domanderebbero, con certo sgomento, in alcuni casi siamo stati immersi in questo modello decisionale, con poche variabili. Invece le cose sono cambiate parecchio. Non che non ci siano approcci metodologici, anzi ci sono eccome, ma cambiano gli strumenti, il mondo, le parole chiave. Quindi il modello decisionale che usa il BIM non è quello che usava Klein. Oggi esiste l’approccio metodologico, il problema è capire com’è quello di Koolhaas, Gehry, Van Berkel.

2°APPROCCIO: PRESTAZIONALE
Standard urbanistici prescrittivi
Già più vicino a noi. Qual è la cosa drammatica di questo approccio? In cui uno ancora vive nella quotidianità degli architetti. La cosa brutta di questo approccio è che si trasforma in leggi e regolamenti. Se questi hanno avuto visione positivista, in un’altra fase diventano fortemente negativi. Soprattutto se si sovrappongono meandri di regole su regole, funzioni su funzioni, leggi su leggi, la cosa si complica. Come dire la casa-tipo deve evadere: 9mq, distanza di 5m ecc… Mentre in una fase avevano carattere di tipo positivo, con gli anni l’accumularsi queste regole oggettive ha creato la difficoltà di riuscire a creare spazi di qualità, diventano costrittivi piuttosto che qualitativi.
Perché negli anni ’60, con la figura di ChristopherAlexander, nascono i primi congressi più evoluti per creare scelte, mondo più artificiale, più complesso di quello lineare degli anni ’30. Si comincia a riflettere sul concetto di prestazione. Cioè piuttosto che prescrivere attraverso un dato una certa situazione, io dico: "attraverso quella porta ci devo passare", ma non dico le dimensioni, cioè ne faccio un discorso prestazionale. Si muove il ragionamento sulla prestazione piuttosto che la prescrizione del dato oggettivo. Si pensi a cosa significhi questo sul piano costruttivo. Pilastri di almeno 30x30, armati cosi, e poi magari cascavano uguale. Invece ora si deve dimostrare che la prestazione riesce a resiste a carichi di questo tipo, ecc… Il cambiamento di questa idea comincia negli anni ’60 da parte di Christopher Alexander.
Alloggio tipo, da manuale Neufert
Che cosa è successo? Un sacco di cose. Dal punto di vista del metodo e degli strumenti, il pensiero informatico, cibernetico, più attento ai sistemi, comincia a essere presente, e nasce l’idea che io posso specificare attese prestazioni di un dato sistema, e questi sistemi di ricerca possono trovare la soluzione ottimale in questi alberi di prestazioni e requisiti. Molto diverso da prescrizione-manuale-esito, dalla idea di prestazione ospitata. Quindi il metodo cambia, si apre un ventaglio che fa riflettere sul fatto che in fondo posso giocare su un numero estremamente più ampio di casi e alternative: fare un villaggio indiano è diverso da un complesso residenziale in Svizzera, quindi le scelte sono diverse. Quindi si comincia a riflettere che molti approcci sono caso per caso, variabili, e allo stesso metodo esiste una metodologia per navigare all’interno di questo albero di scelte. Inizia il calcolo automatizzato. L’anima che batte è sempre funzionale, ma da oggettivo si passa a prestazionale, si amplia e si complessifica.

3° APPROCCIO: STRUTTURALISTA
Verso gli anni ’60 altro approccio, livello decisionale, strutturalista, ma non nel senso della struttura, ma guarda al pensiero di Lèvi Strauss, un antropologo che è stato molto popolare negli anni ’50. Ma che centra l’antropologo ora? Centra perchè molti aspetti della filosofia dell’arte si intrecciano tra un campo e l’altro, e in fondo è il modello come modo di guardare la realtà è implicitamente trasformabile tra un campo all’altro, molto più naturale di quanto possa sembrare. L’idea della costruzione di un’interpretazione della realtà ha la forza di andare a incrociare altri campi originariamente. La matematica è la classe principe di creazione dei modelli astratti. Tornando a questo ragionamento, Claude Lèvi Strauss, elabora le famiglie e elabora questo modello strutturalista riassumibile in cui esistono delle organizzazioni sociali delle famiglie, esistono strutture principali, e all’interno di queste strutture principali al cui interno esistono miriadi di variazioni. E un’idea molto forte dell’antropologia strutturale.
Filosofia Strutturalismo
Cosa vuol dire questo? Pensando alla struttura della famiglia, si pensi che possa esistere la famiglia con genitore padre, non solo è sempre esistita, ma esiste in qualsiasi cultura. Invece no. Basta andare altrove dove esistono i clan, famiglie pluriparentali, con 4/5 mogli, ecc… si scopre che ci sono altre strutture. Perché si usa il termine struttura? Si vuole sottolineare l’impalcatura base, sotto la quale ci sono miriadi di variazioni, quindi la struttura moglie/marito biparentale è solo una delle tante sottoclassi. E’ interessante andare in quei luoghi dove convivono strutture differenti, come in America, dove vivono i neri e bianchi, in cui la struttura è matriarcale. Perché questo ragionamento? Si tende a muovere l’attenzione anche nel campo del design si possono fare scelte di diverso livello. Primo livello, in cui agiscono sulle strutture,  e che questo campo possa consentire un numero molto esteso di nozioni. Molto importante quando affrontiamo problemi di grande complessità e grandi numeri. Esempio: se ragioniamo con famiglia tipo, edificio tipo, bisogno tipo, il risultato è la creazione di quartieri tutti uguali, massicci. Ancora più massiccio quando a questo si aggiunge la prefabbricazione, di alcuni componenti, e addirittura parte tridimensionali. Quindi quando negli anni ’60 ci si è trovati di fronte a questi problemi di prefabbricazione, la gente comincia a cercare altri modelli decisionali, altre scelte. Proprio attraverso questo tipo di ragionamento nasce questo approccio strutturalista, perché ha a che vedere con la filosofia strutturale. Uno dei teologi e architetti che ha lavorato a questo è Habrakean, dalla scuola olandese. Come Aldo Van Heyk, e Hermann Hertzberger.
Diagoon Houses, Hermann Hertzberger, Delft
Lui spinge dal punto di vista teorico. Dividiamo le scelte che creano la struttura del progetto, e capiamo che all’interno di quelle scelte posso operare numerose variazioni. Quindi l’esito è razionalmente garantito da queste operazioni, ma allo stesso tempo ci sono miriadi di variazioni compatibili all’interno della struttura. Quindi la Ford T, sempre nera, ora ne posso decidere alcune componenti fondamentali, però ora mi consente variazioni del modello entro certe limiti. Lui chiama “scelte di primo livello” “supports”, che non rappresenta il livello strutturale, e le altre le chiama "variations" o "partner"s. Nel ’79 comparve questa metodologia. Esempio: progetto Saggio anni ‘80. Cosa fa vedere la tavola? Le scelte di primo grado: decisione di una certa campata, decisione di un blocco che teneva gli impianti, e fasce in cui si potevano avere delle variabili. Si danno le regole della famiglia tipo, dopodichè si “gioca” creando tutte le possibili variazioni all’interno dello stesso schema. Quindi si ragiona a fasce variabili, ma compatibili alle regole di primo livello. Quindi varie famiglie generate dallo stesso concetto. Questo ragionamento era un’ibridazione di sistemi oggettivi e prestazionali, su cui il Prof. ha lavorato molto. Non solo a livello del blocco edilizio, ma anche all’urban design. Si fissava un blocco, e come accoppiarli si potevano ottenere forme urbane sempre diverse, controllando la densità urbana, e numero di abitanti e spazio utilizzato. Sia configurazione strada che funzione piazza.

4°APPROCCIO: DIAGRAMMATICO
Stazione Arnhem, UNStudio, diagramma
Terminata la "preistoria" con i 3 approcci, ora ci muoviamo nel contemporaneo, sul modello diagrammatico. Per mettere al centro il concetto di diagramma che è completamente diverso dagli approcci precedenti. Mentre il concetto di diagramma è uno dei concetti più importanti di travaso tra sistema informatico e sistema progettuale, e estremamente dinamico, ed è la prefigurazione come se fosse un foglio elettronico o uno spreadsheet, un artefatto che contiene regole e possiamo giocare con variazioni dinamiche, nel senso che è il processo è dinamico. Non è la prefigurazione di un’idea formale, ma di un processo. Gli strumenti informatici gli servono a realizzare quello che è contenuto in uno schizzo: l'Auditorium Disney come ali margherita, o Vuitton come insetto che batte le ali, Casa Spiller faccia con capelli in testa, quella è la prefigurazione di un’immagine finale, come faceva Gehry. Invece nella "logica diagrammatica" la forma finale non è prefigurata nella stessa maniera, ma si determina un campo di forze entro le quali la partita viene giocata. Forze topologiche. Il grande passo è che l’approccio è intrinsecamente dinamico: 1 – entra il computer; 2 – uso dinamico dei dati. Succede che fino a questo punto questi approcci sono quelli descritti, mentre adesso dobbiamo andare dritti alla definizione di modello inteso di termine scientifico. In Eisenman si trova molto questo approccio nella sua prima fase. Cosa vuol dire seguire un processo diagrammatico? Casa Guardiola ? In che senso Eisenman non è oggettivo? Fa una casa partendo dalla divisione zona giorno/notte? Scelte primo livello/famiglie? No. E’ diverso e serve la parola diagramma in un campo di forze giocabili. Il diagramma è giocato dall’oscillazione di 2 quadrati, e il campo di questi generano forze, originano serie di possibilità, in cui nei vari piani si concretizzano come fatti reali o virtuali/potenziali. Determinano un campo di forze che determinano le scelte della casa. La cosa che implicitamente capiamo è che noi possiamo giocare con infinite forme completamente diverse, basta cambiare una variabile in un'equazione e cambia la forma e il risultato, ma il meccanismo è sempre uguale.
Casa Guardiola, Eisenmann, diagramma
Serve capire le regole di un’opera, per giocare infinite partite  per assolvere a determinate esigenze del luogo, in funzione, ma seguendo la stessa logica e stesso processo. La cosa drammatica è che se uno guarda la cosa dall’esterno, senza guardare la cucina, si tende a dare giudizi e osservazioni sconcertanti per banalità. La cosa banale è che invece essere dritta è storta. In realtà qui proprio il metodo è diverso, avviene un salto di approccio. Cosa succede qui? La creazione di un diagramma. Edificio preesistente che va a zig zag, e Eisenman deve fare un aggiunta. Cosa fa? Fa questa bizzarra cosa, facendoli vibrare entrambi, e lo attacca a quello, poi l’edifico preesistente. Poi le fa vibrare, quindi genera un campo di forze possibili, dato dall’edificio preesistente e dato dall’edificio. Cosa succede? Determino una serie di campi possibili che è come se fossero, come se cambio alla formula di partenze, tante variabili diverse. Il risultato è avere un sistema di controllo, che controlla sia addizioni all’edificio preesistente, e la stessa cosa all’edificio nuovo, e queste oscillazioni consentono di avere diverso soluzioni  nei vari piani. Queste linee forza si trasmettono anche all’esterno, organizzano gli spazi esterni, diventando percorsi, aggetti, scarti, campi verdi. Questo processo non è comprensibile senza la parola diagramma. Questa non è una tipologia: che cos'è?
Tra la fine anni ’90, fino alla realizzazione di Santiago de Compostela questo ragionamento è molto forte nel pensiero di Eisenman, quindi attraversa anche il dibattito architettonico. Tutto questo ha un parallelo filosofico-scientifico. In particolare i filosofi della ricostruzione, come sistema astratto, ha affascinato molto il dibattito filosofico.
Quando lui fa le cose appena viste, che sono diagrammi, la domanda è: sono scrittable o non sono scrittable? Sono potenzialmente, ma non lo sono realmente! Non sono fatti in Grasshopper ma sono fatti a china, perché non c’era la tecnologia, non era praticabile, cioè farli con Grasshopper significa fare una cosa con script. Altra cosa è fare questa cosa indicando questo campo di forze, che poi il progettista deve farlo. Diagramma come qualcosa che i punti più avanzati della cultura arrivano, mentre entrando nello script entriamo in una parola intrinsecamente informatica. Il diagramma può non avere un’implementazione di script, cioè il diagramma può vivere da sè, mentre lo script ha bisogno del diagramma, che ne indica la strada.
Moebius House, UNStudio, diagramma
Van Berkel è un personaggio centrale per quanto riguarda il diagramma, fino al capolavoro della Mercedes Benz. 5 parole chiave su Van Berkel, a partire dal "diagramma" fino ad arrivare ad “ibridazione”.
Come approcciamo questo ragionamento, e perché il diagramma diventa uno strumento che consente un livello di architettura molto appartenente alla nostra cultura e ai nostri mezzi, ed è l’unica opera che può essere messa al confronto col Guggenheim di Bilbao, capolavoro della fine del secolo scorso. In quel caso la presenza dell’informatica serve per ottimizzazione, si riesce ad ottenere quel livello attraverso le varie categorie, ma in qualche maniera sotto Gehry non c’è il diagramma ma lo schizzo. Poi viaggia attraverso variazioni, ma a partire da una tendenza di forma. In Van Berkel è proprio il diagramma la presenza generativa. E’ un "architetto nato col computer" a differenza di Gehry, è un concetto un po’ forzato ma rende l’idea. Nelle pagine di Sollazzo, in stretto rapporto con lo studio, sono presenti ragionamenti che muovono sullo studio del lavoro: tema dell’intreccio. Dal punto di vista geometrico si dà una topologia particolare, cioè un insieme di relazioni particolari, in cui il simbolo chiave è l’anello di Moebius, è l’emblema. Spesso lavora col sistema dell’intreccio, con forme che si avvolgono su se stesse, che rimandano a forme di Herscher, ma soprattutto l’anello di Moebius. Leit motiv particolare.
Mercedes Benz, UNStudio, diagrmma
Nasce da questo diagramma la Mercedes Benz Museum. Che configura un sistema trilobato, che si avvolge su un centro. Perché è un diagramma e non è la prefigurazione di una forma? Perché questo diagramma, un po’ mutatis mutandi, apre una gamma di possibili scelte. Da che cosa dipendono? Da moltissime cose. Dipendono dalla possibilità di spazi, funzioni, di variare circolazioni, sempre legate da questo sistema generativo. Questo è fortemente possibile perché siamo in ambito informatico, e ha strumenti pratici che appartengono al Building Information Mobility (BIM), che tratteremo al 6° ciclo. Come questo diagramma iniziale si reifica in una serie di variazioni, che si basa su un edificio verticale. A ogni piano, a ogni situazione, posso decidere di intrecciare questi 3 lobi nella maniera che io preferisco: facendo diventare solaio, facendo diventare vuoto, intrecciando questi fili. Abbiamo visto il caso di Eisenman, ma questo è il capolavoro degli anni 2.000, sul livello del Guggenheim. Entriamo dentro vedendolo in termine realistico. Una cosa importante di come si faccia a realizzare il diagramma, è come si costruisce questo sistema? Il passaggio costruttivo, è un sistema che posso costruire, e affianco c’è il discorso organizzativo e distributivo. Come fa? Dal punto di vista distributivo la fa con la conquista del centro, già visto in Gehry.
Mercedes Benz Museum, UNStudio, Stoccarda
Dal punto di vista costruttivo, si basa su una struttura in cui l’anello centrale è circondato da elementi portanti, che rappresentano il tronco centrale, che assorbe il sistema dell’edificio, che trova appoggio sull’esterno nei singoli lobi. In realtà cosa succede? Che siccome ogni piano varia sia come organizzazione che come spazialità, non dobbiamo immaginarlo come sistema trave-pilastro, ma queste forme variano all’interno di queste regole, cioè il solaio, la trave varia per ogni piano, all’infinito ipoteticamente. Quindi ogni singola sezione di questa struttura è calcolata in ogni sezione e struttura, quindi è possibile solo attraverso l’informatica. L’idea del diagramma? Si ha un’unica equazione che determina le scelte, mentre in Gehry ha una serie di equazioni parallele. Dal punto di vista costruttivo cosa cambia? La negozia con le altre componenti del progetto, quindi la struttura non ha una sua ragion d’essere. Invece qui siccome è intimamente collegata, ogni pezzo è anche reificazione del diagramma, nell’altro caso sono equazioni parallele. Qui ogni pezzo è reificazione del diagramma, che è equazione di base, non è la solita struttura trilitica, ma anche in un piccolo pezzo ritrovo il diagramma di base. Ecco perché la struttura in Van Berkel “è bella”. Posso fotografare la sua struttura per un suo pezzo, ed è bello, perché portatrice del diagramma, porta il codice genetico, diciamo, mentre in Gehry usa mezzi tradizionali, ed èe questa la differenza enorme.
Foyer Mercedes Benz Museum
Stessa cosa avviene col sistema organizzativo/distributivo. Riesco a fare il diagramma perché ho questi due sistemi. Conquista del centro. Qual è la prima idea? Il centro non va occupato. Né dal punto di vista visuale, e secondo il centro funzione se i sistemi di collegamento sono periferici. Il centro ai lati, ci sono 3 blocchi, che forniscono la distribuzione ai vari piani, e fungono da scale antincendio, e metto dentro i servizi. Una volta fatto questo ho il cuore del diagramma. Ho reificato il diagramma come strumento possibile di sviluppo. Come la faccio la negoziazione? Cosa succede, come differenzia? Che posso andare da uno all’altro dei tre lobi giocando con le differenze dei piani, in diversi collegamenti. La visita dell’edificio parte dall’alto, come il Guggenheim di Wright. A ogni piano variano questi passaggi? Perché sono percorsi espositivi di raccordo, non sono sistemi duri di organizzazione, a volte sono doppi livelli, a volte tripli livelli. Perché variano, perchè possono variare? Perchè il "core" l'ho già risolto. Perché allo stesso tempo sono distributivi e sono strutturali. In alcuni casi abbiamo dei veri e propri solai inclinati. Anche il solaio diventa un pezzo di diagramma, quasi ogni parte ha un pezzo di DNA del diagramma. Questo è l’edificio? No. Ora entriamo dopo aver capito le regole fondamentali.
Sezione del Twist in cantiere
La prima cosa che si coglie, è che bisogna un attimo parlare della Germania, e perché è diventato il centro dell’Europa dopo il 1991. Dopo la caduta del Muro di Berlino, 1.989, stava col sedere per terra, con la popolazione arretrata sotto tutti i punti di vista. Si fecero delle scelte per unificare il paese e diventare grande faro dell’innovazione e dell’impegno. Alcune scelte sono strutturanti, come nell’istruzione. Qual è la sua particolarità? L’università è pubblica e gratis, al contrario dell’America, qui si ha senso del sociale e dello stato. Non hanno buttato a mare col sistema industriale, ma interfacciando col sistema innovativo, con sistemi propulsivi, interlacciandoli, evolvendo, trasformandolo. Uno dei simboli di questa operazione sono i musei dell’automobile. Si  perché sono più di uno: Porsche, BMW, Mercedes, Audi,Volkswagen, ecc... Sono luoghi di mixitè, dove si trova da una parte decantazione del museo, ma dall’altra c’è tutto il resto della mixitè: è una mini città che ha come parola chiave, come "driving force", il brand specifico.
Mercede Benz Museum, esterno
E’ fortemente regionalizzata la Germania, cioè tutto il paesaggio dipende da questo brand: Stoccarda=Mercedes, su tutto il paesaggio si riverberano intorno. Questo viene vinto il concorso da uno studio da poco formato, di nuova generazione, non come Gehry. L’edificio si siede su una grande superficie in cui avviene una serie di cose: ha una serie di buchi che vanno sotto, ha superficie a piazza e ha un grandissimo sottosuolo. Iniziamo dal sottosuolo. Ci sono ristoranti di vario tipo. I materiali già rimandano ad un mondo metallico, e il bambù e la canapa intrecciata non è che ci starebbe troppo bene. Allestimento con rampe e macchine appese in verticale. Si prende l’ascensore e si arriva in alto.
Mercede Benz Museum, interno percorso
Spazio centrale a ghianda, ma in realtà è difficile andare fuori dalla cupola, cioè spazio centrale: creano un serie di layer. Luce – tensostruttura – marchio Mercedes. Il marchio rappresenta un valore iconico nel programma. Cioè riesce ad avere anche un livello comunicativo in questo caso. Si parte dall’alto: in realtà i 3 lobi ciascuno è tematizzato. Prima parte una certa fase storica. In un altro punto monumentalizzano la macchina, storica e il simbolo. Alcuni percorsi anulari e altri al centro. Una foto verso l’esterno ci fa comprendere che siamo all’interno del paesaggio dell’automobile. I solai si raccordano, pur funzionando ad albero, tutto è a sbalzo,
Mercede Benz Museum, interno rampa
Van Berkel “io guardo molto a Riccardo Morandi” l’ingegneria degli anni ’50, Morandi, Nervi, Musmeci. Questo progetto fonde 2 aspetti: struttura (ingegneria) e organizzazione (architettura). In Italia bisogna stare dentro le leggi, mentre il diagramma và fuori le leggi e entra a livello spaziale. STRUTTURA E SPAZIO SONO UN’UNICA COSA. Il “twist”, sezione trasversale, spazio e struttura sono fusi in un’unica cosa. Non riguarda un fatto di linguaggio, ma nasce dal diagramma, non nasce a priori, ma dall’ibridazione, grazie agli strumenti parametrici, il solaio è stato possibile controllarlo attraverso strumenti parametrici.