sabato 23 maggio 2015

Commento alla lezione 16 del 06-05-2015: "FRANK OWEN GEHRY - MASSA, TRAIETTORIE, COLLISIONI"


Frank O. Gehry
Questo approccio sul modo in cui nel mondo del 3D di creare oggetti va quasi in parallelo con alcuni modi del mondo, di creare proprio il mondo stesso. Abbiamo cercato di creare diversi link tra mondo fisico e mondo dell’informatica, creando dei ponti concettuali, sperando che qualcuno venga attivato, anche se gli altri rimarrano canali spenti. Il problema è che un po’ tutto quello che si fa in campo creativo, va prima immaginato in qualche maniera, va prima concettualizzato. Questa è una tecnica fondamentale per portarci verso qualche passo innovativo e intrigante.

Mentre Eisenman è un architetto planare, Gehry invece è un architetto tridimensionale, delle masse, con un approccio tridimensionale. Quindi tanti di quei ragionamenti fatti in ambito generativo, hanno qui forti relazioni. L’altra ragione molto forte è che Gehry a un certo punto della sua carriera ha preso di petto proprio questa questione dell’Information Technology, tanto da costituire un gruppo, la Gehry Technology, che ha offerto servizi altamente specializzati nell’ambito CAD.
Ferramenta nonno di Gehry
Innanzitutto c’è una foto chiave. Quando il Prof. ha messo di fronte Gehry alla questione dell’imprinting, lui ha risposto che il suo paesaggio originario, il paesaggio mentale, il suo immaginario, è il negozio di ferramenta del nonno. Se non si capisce questo che è il DNA originario di tutto il mondo di Gehry, non si ha una chiave fondamentale. Quindi, Gehry innanzitutto si chiama Frank Owen Gehry, e Owen è il cognome di un industriale socialista dell’800, illuminato, è il simulacro del pensiero liberalizzante, e il suo famoso nonno è proprietario del ferramenta, ed è Gehry stesso a descrivere questa storia. Quindi lui parte all’interno di questo mondo molto popolare, a Toronto, da famiglia ebrea, e lui è soprannominato "fish", perchè puzza. Così parte la sua carriera. Nell’immediato dopoguerra, la famiglia si trasferisce a Los Angeles, e va a vivere nel centro città. Di solito i centri città americani sono i più violenti e i più degradati, ci sono i suburbia della classe media, quindi una città caotica, nella città del cinema. Si sposa con una segreteria e riesce ad iscriversi all’università, un poco sostenuto anche dalla moglie, perché in America è oneroso dal punto di vista economico, e riesce a laurearsi a metà anni ’50. Lavora in grande studio di Victor Gruen, che è uno degli architetti che si trasferisce dall’Austria a Los Angeles, (oltre a Neutra e Schindler, molto più famosi). Dopo un po’ di tempo, siccome la missione degli architetti degli anni ’50 era il planning, perché siamo negli anni del dopoguerra, quindi la speranza dell’urbanistica come elemento risolutivo, come elemento politicamente impegnato per cambiare la società, è il faro. Quindi lui va a Harvard, prende il diploma in planning, ma poi ritorna a studio da Gruen come se niente fosse. Fa un servizio militare e progetta qualcosa, come il genio militare. A un certo punto capisce che sta bloccato e fa una cosa. Prende e se ne va in Francia da un architetto francese, non di primo livello, né Le Corbusier, né Garnier, sta un anno con la moglie e i figli in questa situazione. Nel 1962, all’età di 33 anni torna in America e apre uno studio. E uno può pensare che comincia il vero Gehry. Ma così non è. Infatti, per comodità di analisi, abbiamo suddiviso la sua opera in 6 parte, descrivendone ognuna attraverso dei verbi. Questi verbi servono ad illuminare l’azione prevalente che Gehry fa in queste fasi, sono come delle calamite, che fanno comprendere l’atteggiamento progettuale prevalente nelle varie fasi.
FASE 1 - ASSEMBLARE
Casa-studio Danziger

Stiamo in una Los Angeles in rapida crescita, e lui come architetto fa subito abbastanza bene, inquadra abbastanza bene. Ma i suoi lavori di prima fase sono lavori di un normale professionismo americano, di una certa pulizia, di una certa coerenza, ma tutto lascerebbe immaginare eccetto quello che poi è successo. Gehry per circa 15 anni lavora all’interno di coordinate molto tradizionali, di un professionismo buono, serio, quindi tutto fa pensare a un’evoluzione eccetto quello che poi accadrà. In questa fase però dal punto di vista dell’esistenza, è legato al mondo degli artisti che vivono in California. Pure se è un professionista abbastanza tradizionale in questa fase, però appartiene a questo mondo, a questa cultura un po’ underground, nella Los Angeles degli anni ’60. Quindi in queste occasioni fa delle piccole opere, dal ’62 al ’68, lui fa già delle cose che sembrano indicare qualcosa di diverso, e sono sempre case per artisti sostanzialmente suoi amici, ma il resto della produzione è tradizionale. 2 opere che sono case per artisti. Casa-studio Danziger: si vede l’approccio quasi di chiusura massiva verso l’esterno, come fosse una scatola, che richiama l’architettura di Kahn che veleggia in quei tempi. Quindi un’architettura molto secca, molto pulita, ma molto diversa dalla sua carriera tradizionale.
Casa-studio Davis
Casa-studio Davis: Altra opera, sempre nello stesso momento, una sorta di pre-Gehry, in cui a lui interessa molto fare una pianta ad andamento trapezoidale, ponendosi in una posizione insita dinamica, instabile.
Queste sono le uniche due opere di questa prima fase, per capire un po’ cosa bolle in pentola, anche se in realtà ancora non si capisce cosa succede.
Cosa succede nel 1978? Gehry si azzera. Questo concetto dell’azzeramento è un concetto molto interessante nella vita di una persona, ma soprattutto nella vita di un’artista, di un professionista, ed è lo stesso processo che stranamente avviene anche in Eisenmann, Sauer, e per ragioni diverse anche in Kahn, decidono di azzerare e ricominciare. E Gehry fa tutta una serie di scelte importanti, prima fra tutte, chiude lo studio. Studio impostato sul tradizionale professionismo americano, di circa 45 persone. Secondo va in analisi, perché pensano di entrare in loop secondo loro negativi, e si sente di chiudere lo studio. E l’altra componente fondamentale dell’azzeramento, divorzia e si sposa con una donna con cui condivide il nuovo studio. Si azzera volontariamente e ricomincia, iniziando un forte rapporto con l’arte. Il rapporto tra pensiero artistico e architettonico è sentito depauperante a livello professionale, quindi decide di stringere un forte rapporto con l’arte. 
Pop Art
Robert Rauschenberg
Pop Art è un arcipelago in cui ci sono tendenze diverse e spiriti diversi. All’estrema destra c’è Andy Wharol, grandissimo pubblicitario di partenza, che fa un salto, trasformando l’immagine comunicativa, seduttiva, nel mondo della pubblicità, all’interno delle coordinate della ricerca artistica, anche all’interno del cinema. Altri artisti come Roy Lichtenstein. Altri artisti trasformano la società dei consumi, fra tutti Claes Oldenburg, che lavorerà con Gehry, che gioca dilatando gli elementi dell’immaginario della società di massa. Poi c’è l’ala, chiamiamola a sinistra, diversa da Wharol, che ha un approccio materico, in cui si assemblano i materiali, che è la logica dello scarto. Da una parte c’è il consumo della società di massa (Coca Cola, Marilyn, ecc.), all’opposto c’è lo scarto che diventa generatore di nuove forze. Questa idea è fondamentale per Gehry, perché? Perché gli si lega subito con l’imprinting. Col bricolage, col collage, gli entra a far sistema, ma anche il suo hobby, gli è sempre piaciuto andare in giro per gli smorzi, alla ricerca del materiale, ecc… Quindi Pop Art dell’area dura, non quella di Wharol ma quella di Robert Rauschenberg.
Mimmo Rotela
Ma in questo tipo di ragionamento l’Italia ha avuto rilevanza, perché negli anni ’40 e ’50 non era retroguardia, ma contribuiva nel dibattito internazionale. Ad esempio Alberto Burri ha cominciato a lavorare su questo prima di Rauschenberg. Anche Mimmo Rotella lavora sullo scarto, scarto dell’immaginario comune, non “lucidato”, ma presentato come scarto. Lui tagliava questi manifesti in città, prendeva questi pezzi, tirava fuori i strati, fino ad ottenere il risultato voluto, lavorando per layer al contrario.
Arriva la casa simbolo di Gehry, che è il simbolo di tutto, una nuova idea che lui ha in mente, azzera il professionismo, e riparte. Perché è cosi importante nel nostro ragionamento? E’ una casetta classica americana che loro comprano in un suburbio americano, con tetto classico. E’ importante capire il contesto, fatto di casette in stile, col giardino rasato, fa parte del paesaggi nativo. Fanno un salto, un’opera che si basa sull’assemblamento.
Casa Gehry, Santa Monica, 1978

Prima parola chiave: ASSEMBLARE. Questa parola, la stessa idea di parola, è immediatamente tridimensionale. Se noi abbiamo un 3D, o un plastico, è facile procedere per assemblamento. Ma assemblare non vuol dir comporre, dove invece si ha già un’idea. Assemblare significa mettere insieme cose molto eterogenee, che avvolgono la “casetta delle bambole”, che lui non tocca. Quasi sembra di vedere lui andare allo smorzo e prendere: la porta non finita, lamiere grecate, le reti che cominciano a diventare “trade marker”, è quasi la rete metallica all’interno di questi oggetti diventa molto simbolica. Spazialmente cosa fa? Pianta terra e primo. Sopra crea una camera da letto, unendo due ambienti, molto scenografico, sotto crea una “L” in cui c’è la cucina. E poi la casa ha un’idea di materiali duri non finiti, per esempio la cucina ha l’asfalto come pavimento. Le reti servono anche per non fare uscire fuori i bambini.  Comunque questo artista che già aveva fatto una trentina di opere con questa casa azzera.

Pianta Casa Gehry, Santa Monica, 1978
Quando ricomincia, comincia poco alla volta, ha pochi progetti, pochi progettisti, sembrano opere di un giovane, una casa, piccoli progetti.
Altra  casa la “Wagner”. Rigioca con l’idea del trapezio, con 2 oggetti in tensione. Ma guardando le piante di Gehry si capisce subito che è un professionista, funziona la pianta pur nella sua originalità e stravaganza. La casa funziona a “split level”, divisa in 3, hanno mezzo piano di differenza l’uno dall’altro.
Altra casa, a Los Angeles, "Casa Familian", nello stesso momento, anche questa non realizzata. Lavora sempre con sistema binario, 2 elementi in tensione.
Casa Spiller, 1978
Poi fa una casa un poco più grande e complessa, la “Casa Spiller”. E’ molto interessante capire come funziona, perché è un “trucco americano”, visto utilizzare anche da Sauer. Perché dal punto di vista organizzativo, la famiglia compra un lotto prospicente il mare. Qual è l’operazione importante? E’ divisa in unità immobiliari, una “casa patio”: una parte più grande e una più piccola. Una può essere affittata con cui ci paghi il mutuo, e l’altra dove vivere. Ma l’idea è che Gehry tira fuori un’altra parola: “cheapscape”. Scape è il suffisso che vuol dire scenario (landscape, townscape), lui lo usa per dire “paesaggio povero”, “residuale” (parola scelta da Zevi per il libro), ma il concetto naturalmente deriva dalla Pop Art. L’idea che l’architettura si sintonizza, non col paesaggio alto, fatto di allineamenti, ma si sintonizza col paesaggio povero, quindi trasforma, l’architettura serve per trasformare una nuova estetica. Ecco perché la nuova estetica è sempre un salto col nuovo mondo: la nuova estetica presuppone un salto, un cambiamento dai modelli attuali. E’ un concetto diverso. Creano categorie diverse attraverso cui guardare il mondo. Il mondo dello scarto, del paesaggio, della periferia, da ininfluente diventa alimento: questo è il salto grosso con la parola “cheapscape”, col quale attraversa questa creazione, in cui si combina tutto, e fa il salto. Ma attenzione, ancora non se lo filava nessuno. Queste cose non erano niente all’epoca, il re era Charles Moore, che fa le Piazze d’Italia, Robert Stern che fa grattacieli, quindi Gehry è completamente un outsider, c’è poco e niente, non ci sono libri.

FASE 2 - SPAZIARE.
Casa per un Film Maker, Los Angeles, 1981
Cambiamo verbo. Dopo questa pima fase guardiamo altri lavori con parole chiave. Basati sui verbi, per capire il modo di operare per fare un progetto, si dovrebbe sapere cosa fare, ma non le dice Gehry, ma le dice il Prof. che legge Gehry attraverso queste coordinate. La fase cosa vuol dire? Vuol dire che fa una cosa nuova? No. Ci sono mille sfumature, ma ci illumina su qualcosa in particolare che non era precedentemente visibile. E’ l’idea che l’architettura che si fa nello spazio intercluso. E’ lo spazio tra li oggetti, ma non lo spazio in sè. Nello schizzo segna quello che è il progetto. "Casa per cineasta", parte realizzata e parte no, per Spielberg si diceva. Non sembra una casa, ma sembra un villaggio, è un gioco concertato di pezzi che si parlano l’uno con l’altro, attorno, o che creano degli spazi. Quello che è veramente importante è lo spazio tra le cose, e non l’oggetto in sè. E’ l’idea dello spazio urbano Barocco, della concertazione tra le parti, non ha a che vedere con la Pop Art. E’ ibridata nel Post-Modern, sono loro che cominciano a riguardare lo spazio barocco, Villa Adriana, ma lo fanno con logica di memoria. Lui invece ripensa il meccanismo. Ecco perché l’idea di villaggio, basti guardare Charles Moore. L’idea dell’architettura creata e generata che essa forma e non degli oggetti, ecco perché la chiamiamo “spaziare”. Questa casa è un simbolo di questa operazione, per creare spazi e sequenze spaziali. Per fare questa composizione, in questo momento, lui ha quest’idea che gli attori sono personaggi, quindi in qualche maniera sono figure. Quindi non posso metterci la casa di Rietveld che è astratta, quindi metto delle figure, non posso mettere macchine astratte, sono memorie dirette. Possono far pensare a magazzini degli studios. Negli schizzi sono sicuramente figure. E questa è una cosa abbastanza tipica della conformazione dello spazio attraverso questa composizione.
Primi anni ’90, sente molto questa cosa. "Complesso residenziali Wosk". 3 case, ciascuna una figura di una rappresentazione.
Residenza Winton, Wayzata, 1983
Altra casa, piccola, la "Residenza Winton". Philip Johnson fa fare piccole appendici agli architetti, Guest house che fanno vari architetti, e una la fa Gehry nell’83, che comincia a riemergere come architetto interessante, pur facendo cose diverse.  A partire dalla natura morta di Morandi, ha un’idea che “volumi parlanti”, differente dall’assemblaggio, in cui gli elementi non sono parlanti, qui sono nominabili. E’ importante che ciascuno sia diverso, come indicato dal dipinto. Anche in pianta si vede che è uno che ci sa fare, funzionano i progetti, e la carica di espressionismo è supportata dalla sua enorme capacità di organizzare. Zona giorno illuminata dall’alto con luce sopra. E’ lo stesso schema del Guggenheim di Bilbao, con atrio centrale più alto. Lui ha dei "modelli organizzativi", che una volta si chiamavano "tipologici", ma meglio chiamarlo modello organizzativo, e questo è lo stesso schema di Bilbao. Sono pezzi di materia che entrano in collisione l’uno con l’altro, è  un approccio di tipo booleano, e non sicuramente vettoriale.
Loyola Low School, Los Angeles, 1978
Cosa succede con lo spaziale? Succede che la strategia dello spaziale diventa molto utile per risolvere problemi di ordine pratico, ad esempio nella “Facoltà di legge”, Loyola University, che deve rinnovare in fasi successive. Ha un blocco di partenza e Gehry propone un ampliamento fatto col concetto dello spaziare, in cui le singole parti sono affrontate a livello figurativo. Lascia il grande blocco, ma inserisce un elemento che crea tensione, dà idea di serra e basilica. Si vede bene nei suoi schizzi: riprende la passione per le chiese romaniche. Ma perché non rinascimentali? Nel romanico è fatta di episodi, sono distinti parti come campanile, abside, ecc… quindi riprende alcuni pezzi di questa composizione. Perché dal punto di vista pragmatico è molto utile parlando col cliente? Perché non deve pagare tutto insieme. Lo può fare per pezzi. Posso promuovere un modo di andare avanti per pezzi, funziona anche se non esistono tutti i pezzi. Altra cosa è un sistema rigido chiuso che ha senso se è fatto tutto, sennò non ha senso. Ti muovi per parti incrementali, per elementi successivi e progressivi può andare avanti senza essere considerata finita. Molto utile negli spazi urbani, si pensi a Piazza del Popolo, dove fino all’800 ci mise le mani Valadier, come anche il Quirinale, non è stato fatto tutto insieme, ma la cosa importante è il concetto dello “spaziare”, che può supportare fasi successive. Stiamo nei primi anni ’80.

FASE 3 - SEPARARE
Edgerman Center, Santa Monica, 1984
Questa parola chiave è una trasformazione, una più forte accentuazione stilistica. Un’operazione diversa dallo spaziare. Ma il separare, tranciare, tagliare è più drammatica, e meno tranquilla. Questa parola deriva da Germano Celant, critico italiano trasferito in America, citato nel libro, che descrivendo alcune parti del lavoro di Gehry diceva che somigliavano a operazioni chirurgiche.
Questo progetto più grande degli altri, "Centro commerciale, uffici e museo a Edgemar" è un progetto prototipico. Perché? Per una serie di atteggiamenti, per il taglio, e la memoria delle altre operazioni è presente, e poi è prototipico perché è un piccolo progetto di mixitè, con banca, centro culturale, ecc…. E’ un vero e proprio taglio, come un fiume che scava, riconoscibili, ma non propriamente figurative. Come sempre una logica commerciale, questo è un progetto molto utile dal punto di vista commerciale.
Norton House, Santa Monica, 1982
Altra casa, all’interno della categoria del tranciare: "Casa Norton", è una Cheapscape. Ma non è semplice assemblaggio, ma c’è la presenza di altri ragionamenti. E’ una sorta di sogno della casa sull’albero, e si realizza nella torretta alla fine, che caratterizza la composizione. Sono sempre luoghi residuali, delle periferie, del sud, sono strategie che possono molto funzionare nei luoghi residuali, creando luoghi nuovi.
"Clinica universitaria di Yale", a 100km da New York. Interessante è come fa la scala, con figuris, che vuole rendere come oggetto incuriosente. Ha prime 2 rampe esterne, poi diventa volume. 
Altra opera in cui avviene ulteriore passaggio è il "Museo Aerospaces" a Los Angeles. Meta anni ’80. Questa tecnica del separare, tranciare e avere pezzi, non diventano pezzi con figuris, ma Pop Art, che diventano composizione, con spazi dilatati. Una cosa è fare una scatola e mettere sopra una papera. In realtà l’edificio è il terminale della testa di un grosso hangar che si sviluppa dietro. Risolto brillantemente dal punto di vista organizzativo: al centro, punto distributivo a vari livelli, e ai lati altri fatti. La chiave è la decisione molto Pop di prendere l’aereo vero e appiccicarcelo non proprio, ma entra a far parte della composizione.
Museo Aerospace, Los Angeles, 1982 
Altro edificio, ideato da Claes Oldenburg, ditta pubblicitaria importante, a meta degli anni ’80. Leit motiv sembra una foresta pietrificata. Ma l’idea di piazzare l’oggetto Pop all’interno di questa cosa è una maniera.
Altra opera, "Ristorante Fishdance", Giappone, il fatto del soprannome di “pesce”, da fatto negativo diventa positivo, e marchio, perchè ormai è diventato grande.
Altra realizzazione, "Centro commerciale a Barcellona", ci sono grattacieli, e rifà un altro pesce. Da questo pesce nasce la storia del “Gehry digitale”.
Altro edificio, "Biblioteca di quartiere finanziata da Franz Goldwin", sempre con la tecnica del tranciare, separare. Smentisce molti luoghi comuni su Gehry, tradizionale, basilicale, razionale, poi fa una cosa molto bella, fa una simmetria biassiale. E’ una semplice operazione, che crea una sorta di particolare dinamica, sulla strada del contesto, differenziandosi.
Dopodichè comincia ad avere commissioni più importanti, come case per ricchi. Può fare molto a livello figurativo, in particolare in 2 opere. Nella "Casa Sirmai Peterson" c’è una certa compiacenza, come se si sentisse troppo bravo. Approccio con forme che colpiscono molto l’occhio, in realtà ci sono degli impianti.
Schnabel House, Brentwood, 1986
Altra opera, "Casa Schnabel", in cui fa utilizzo di materiali diversi, nuovi, più sofisticati come il rame, intonaci, considerando che son case per persone facoltose. Uno potrebbe dire, vabbè è arrivato a commissioni facoltose, ed è arrivato, il gioco è fatto. Invece no. Lui è proprio un ricercatore. Per lui l’importante e continuare sempre a sfidarsi. Gehry in fondo ha capito che gli interessa sempre di ricercare e sperimentare, è molto pericoloso, ma si sfida in continuo, pur avendo raggiunto il successo. Non gli interessa sedersi sui successi.
Nell’86 mostra interessante. Mildred Friedman, organizza mostra monografica su Gehry. Riconoscimento importante sul suo percorso. E’ una mostra/installazione, in cui lui realizza una serie di opere Pop, come sedie in cartoncino pressato, pesci fatte a scaglie con materiali plastici.

FASE 4 - FONDERE
Lui si inventa un’altra modalità che chiamiamo del "fondere". Da un certo punto di vista fa pensare a una logica CAD, Booleana, serie di pezzi fusi insieme. Qual'è il passaggio successivo dopo il separare? E’ che dopo vengono fusi di nuovo insieme. Molto bizzarro. Su Gehry vengono dette banalità terrorizzanti. La cosa del Gehry scultoreo è talmente ovvia, ma in realtà c’è tutto un mondo e professionismo dietro, che non si riescono a immaginare. Il momento del fondere è interessante e diverso.
Museo Vitra, Wheil am Rhein, 1987
Piccolo "Museo per la società VITRA". E’ una ditta che fa mobili di design, classici che nuovi. Sta in Germania, ma sta al confine con la Svizzera, e ha avuto la politica negli anni ’80 di assegnare lavori a progettisti di fama internazionale. E’ una sorta di "Museo del Design". I pezzi sono fusi insieme, stanno insieme, la loro forza non è nello spaziamento, ma nello stare insieme. Questi incastri, queste forze, determinano interni molto creativi. La tecnica utilizzata è la “Marocchine effect”, in cui si concentrano gli effetti manipolatori, plastici, in un pezzo, e gli altri pezzi li tratti scatolari. Deriva da una tecnica dei tappeti in cui si fa vedere la mercanzia migliore, e metti dietro la normalità. E’ una tecnica buona, perché spesso non si può affrontare questa complessità nell’intera fabbrica.
Altro edificio, "American Center" a Parigi, del 1988. Ha avuto un successo forte nell’immaginario, tanto che Zevi ne fece un libro. Ma in realtà fu sfortunato, perché la gestione non funzionò, e chiuse.  Al solito, il centro del ragionamento è l’atrio, in cui avvengono i momenti di collisione più forti, come una sorta di piazza coperta.
Ginger e Frank, Praga, 1992
Altra opera del fondere è il “Ginger e Frank” a Praga. Rievoca la danza, come fossero 2 ballerini. La parola del fondere illumina la lettura di questi edifici, ma li possiamo leggere in altri modi. C’è una dualità maschile/femminile. La cosa bella è la capacità di essere li a Praga, sul lungofiume, è il tema del Barocco così a Praga.
Nelle altre opere che fa sempre all’interno di questo momento storico? Nell'Università di Toledo, in Ohio, fa uno schema semplicissimo, fa una galleria, che distribuisce vari corpi. Crea una relazione con gli edifici esistenti, quindi una piazza dinamica tra l’uno e l’altro. Poi che fa? Attacca i vari pezzi sulla galleria, liberamente, cioè lo schema organizzativo è semplice, e qui prescinde dalla forma.
Attraverso dei sistemi lui acquisisce il funzionamento della macchina, cioè inserisce pacchetti preconfezionati, e poi inserisce volumetrie stravaganti, è proprio questa la genialata. E’ proprio perché mette le “scatolette” che le macchine funzionano. E’ il trucchetto che consente di fare gioco nelle composizioni d’insieme, ci gioca, le tratta, ma sono blocchetti di servizio.

FASE 5 - SLANCIARE
Disney Auditorium, Los Angeles, 1988
E' decisiva. Ma conviene crearne due: uno è l’atteggiamento del fondere, e una è la sua conseguenza. già nell' "Auditorium Disney" e poi nel "Guggenheim Museum". L’idea è che fondi per slanciare, fondi per buttarli nello spazio, per lanciare traiettorie, e per scuotere il mondo attorno a sè, e non per entrare nel buco nero. Mostrare un’energia diversa, che vibra e va fuori. La Disney Auditorium, è un’opera che ha tutta una serie di variazioni e studi.
Museo Guggenheim di Gehry. Che succede qua? E’ un’opera di grandissima rilevanza sotto molti punti di vista, è un incrocio di tante cose dette finora. La storia della città di Bilbao, è una città industriale, la capitale industriale della Spagna. E’ uno sviluppo che ha lungo il fiume uno sviluppo importante. Come noi sappiamo benissimo, questo tema del passaggio dalla "città industriale" alla "città dell'informazione", ha investito tutte le grandi città dell’occidente, ed è una mega crisi. Il passaggio da un modello all’altro provoca disoccupazione, ma soprattutto dal punto di vista fisico, le grosse aree industriali all’interno della città, non più produttive, comportavano gravi danni. A Londra il grande tema dei “Dockland”, ecc… La città di Bilbao affronta il tema, e lo fa all’interno di un sistema efficiente, culturalmente alto, in cui l’amministrazione ha un livello culturale alto, cosa che in Italia non c’è. Ma abbiamo delle personalità che hanno dei ruoli di tipo politico amministrativo, ma hanno una visione alta, quindi capiscono che c’è bisogno di cambiare direzione verso il terziario avanzato, verso l’informazione, e la conoscenza. Varie operazioni importanti si susseguono. Creano un nuovo aeroporto, riqualificano il fiume Nervon, creano la precondizione per un?architettura di qualità che spinga verso questa direzione.
Città di Bilbao, vista aerea
Queste personalità avevano uno spessore alto, quindi che pensano? Esiste il Guggenheim, ma che è? Sono ricchissimi americani che da generazioni, dagli anni ’40-’50 , capiscono come investire nell’arte alta, ma non è un Museo Nazionale Americano, ma è un museo della famiglia privata. Capiscono già abbastanza presto che possono territoliarizzarsi oltre New York, come già avvenuto a Venezia. Questa politica di fine anni '90 ha un personaggio, Thomas Crenz, è direttore operativo del Guggenheim, è critico, ma anche manager. Quindi si fanno ipotesi avanzate di fare dei musei altrove. In particolare un museo arrivato a un livello alto di progettazione è quello in Austria, di Hollein.  Questo è lo scenario. In questo scenario arrivano gli spagnoli. Per 30 anni è stato grande propulsore di interventi artistici, con Barcellona, poi improvvisamente con la bolla economica si smontò. Ma in questo scenario si fa una telefonata a Crenz, chiedendo di venire a Bilbao e pensare a qualcosa? Noi abbiamo individuato un edificio che può essere interessante per voi, lungo le rive del Nervion. Ci va, ma rimani un po’ sulle sue. Dopodichè che fa? "Ho un amico bravo, e la prossima volta mi porto l’amico bravo". Primo contatto nel febbraio del ’91, e nel maggio viene con Gehry. Che fa Gehry? Applica un trucco, che applica sempre. Vuole un architetto che gli faccia da guida della città, un giovane architetto. Arriva Gehry, vede questo edificio, di cui non gli frega niente, e se ne vanno in giro per la città, vedendola sotto punti di vista, e vede delle cose dall’alto, essendo collinare, ma hanno solo una mappa della città, e Gehry deciso impone: "qui bisogna fare l’edificio!"
Città di Bilbao
Sulla mappa turistica segna 3 frecce rosse, non li dove dite voi, ma qui. Perché li? Perchè è il luogo più incasinato della città, e lui lavora lì, non sulle griglie di Aldo rossi, ma l’architetto capisce il luogo in cui si può esprimere, ha un luogo nativo che ha in sè, non conscio, come nel laboratorio. Gehry sceglie il luogo più incasinato di tutta la città: all’incrocio del ponte, il lungofiume, l’edificio dismesso, la città storica che arriva lì a pochi passi, quindi più cheapscape di così non si può. Se lo sceglie lui. E ritorna a Los Angeles. Che fa Bilbao? Non gli dice ok. Fanno un concorso per inviti, su quest’area, e chi invitano? Gehry, Coop Himmelblau, e un giapponese. Questi 3 fanno 3 proposte. Nel Settembre '91 vince il concorso, e qui parte l’avventura, che finisce con l’inaugurazione nel '99 ad un costo di 100 milioni di dollari. Tanto per fare un paragone in simultanea, la copertura dell’Olimpico di Roma è costata 180 milioni di dollari. Cosa succede in questa opera? La si può leggere attraverso 5/6 parole chiave.

Guggenheim Museum, Bilbao, 1991
1 - URBANSCAPE (o Cheapscape): per dire cosa? L’architettura parla di un’idea sensibile, come il blocco chiuso della città rinascimentale, o il Bauhaus aperta, cioè all’interno dell’architettura rappresenta l’idea di città. Cioè Gehry costruisce una sorta di paesaggio di città nuova, lavorando sulle intersezioni, sulla complessità, facendo un modello ideale di vivere la città contemporanea. Ma questa nel caso specifico è una caratteristica fortissima perché l’edifico è contestuale, ma non nella maniera tradizionale, perché tutti i suoi movimenti coinvolgono lo spazio urbano. Tanto per cominciare, ci si arriva da vari punti, e per ognuno di questi punti, il museo ha una maniera di relazionarsi e accoglierti. Ad esempio, venendo dal lungofiume ha 2 caratteristiche: segnalato dalla torre, e si entra dalla fermata del tram. Dalla parte urbana crea una piazza di accoglimento sulla piazza. Quindi cosa succede dal punto di vista formativo, anche visto nella casa Winton, dello spaziare, sono le braccia che formano spazi conformativi dello spazio urbano, prima andavano solo nel prato, ma qui conformano lo spazio urbano, non solo entra in relazione, ma lo formano. Cosi chiamiamo urbanscape questo atteggiamento, ma non solo caratterizza delle forme, geometrico, ma le cose hanno delle caratteristiche spaziali enormi, funziona come un edificio urbano, e nessun edificio urbano ha mai funzionato cosi bene nello stesso tempo. Anche il MACBA di Richard Meyer a Barcellona fa cose simili, ma neanche lontanamente ha questa complessità. Anche il ponte entra in gioco, sia spazialmente che organizzativamente, infatti l'edificio gli va sotto.

Schizzo di Frank Gehry
2 - TRAIETTROIA: è il problema della proiezione e dell’incastro che non sono fatti per creare l’oggetto, ma per creare vettori e traiettorie, deriva dal futurismo, da Umberto Boccioni: “l’oggetto scultoreo è fatto per lanciare vettori nello spazio, nell’atmosfera”, quindi Boccioni è il più antiscultoreo come spaziale e contro l’oggetto, combatte il piedistallo, combatte l’oggetto in sé, per lanciare queste linee invisibili, ma molto importanti nella composizione. Già nel VITRA lancia traiettorie, per energizzare l’ambiente dal punto di vista espressivo, magnetico: è scultoreo nel senso che è antiscultoreo. E’ un ragionamento similare ad Eisenman, con l'esempio del cagnolino che vibra. È planare, mentre Gehry è scultoreo spaziale. Ma in Gehry non si parla mai di Boccioni, è un’operazione critica, che il Prof. fa per vedere sotto quel punto di vista, attraverso degli articoli. Solo uno ha commentato, Articolo “luna di Bilbao, dal commento di Serra, artista di Gehry. Capendo traiettoria si capisce lui dal punto di vista espressivo cosa fa.

Atrio del Guggenheim Museum
3 - CATTEDRALE: in quella fase ha dovuto argomentare cose che per altri colleghi erano inconcepibili. In una logica puramente funzionalista, la torre era una cosa messa là e basta. Ma per farlo capire c’è stato bisogno di tutto un discorso. Questa cosa diventa una sorta di "cattedrale contemporanea", anche se forse Gehry non ha coscienza, ma lo ha anche dal punto di vista morfologico, ma soprattutto culturale, sociale, simbolico. "Ma come questi uomini medievali costruiscono tutta questa struttura per metterci la campana?" "Muoiono migliaia di persone per la campana?" Forte caratterizzazione simbolica. Ci sono forti valori simbolici dietro, e qui è uguale, è rappresentativo. Dopodichè perchè cattedrale funziona bene. Per anni è stata una meta di visitatori, per anni e anni è stato pellegrinaggio intellettuale. Non è importante che l’orologio funzioni, ma che comunichi, deve colpire l’immaginario. Ma capire solo questo senza capire altri livelli, ci si ferma a metà.

Pianta del Guggenheim Museum
4 - Dopodichè cattedrale anche dal punto di vista organizzativo: IPERFUNZIONALISMO.
Cioè non si è mai costruito un museo tanto funzionale come il museo di Gehry, e stiamo parlando di parametri di funzionalità. Questa cosa è stata detta dall’organizzatore del Museo. Qual è il trucco? perché funziona? La pianta. La "conquista del centro", attraverso cui il sistema funziona, che abbiamo visto in nuce nell’opera di Gehry. Qual è la cosa difficile di avere un centro? Se costruisci una massa intorno, prima che ci arrivi passa tempo, ma se tu apri le ali ci arrivi in un attimo, lo apro le braccia. Cosa si inventa, cosa fa? Tutto molto logico. Deve cercare di portare il più direttamente possibile al centro, apre le feritoie. Crea la scalea che porta alla biglietteria, e arrivi all’atrio che è al centro, che dà una sensazione a cattedrale, di spazio dilatato al centro, come nel transetto. Attraverso questo sistema conquista il centro. Risolve l’accesso, risolve le file delle persone, è una soluzione iperfunzionale, altro che scultoreo. E’ uno dei sistemi di accessibilità più funzionali mai viste, e creano il momento d’attesa ricco e interessante. Altra genialata, il museo è distributivo, quindi una regola: non lo occupi il centro, ma lo periferizzi, non ci metti i volumi in mezzo, i sistemi distributivi non al centro, ma li metto attorno al centro, e non nel mezzo, mai occupando il centro, il centro serve in questa maniera. Altra genialata sono i tre bracci diversi: uno con una serie di scatole, ampolle; un altro con un braccio lungo; distinti in base a quello che ospitano, alla funzionalità. La cosa che Wright si inventa, la rampa, e appendi il quadro a 2 metri di altezza, è una cosa. Qui l’arte ha ambienti a loro confacenti, sono gli ambienti che si adattano  all’oggetto arte e non viceversa, Ad esempio lo "spazio a balena", ma dove lo mando il corpo? Decide che và sotto il ponte e sbuca dall’altra parte, e questo asse determinerà una serie di cose.
Ponte sul Nervion
Altra cosa fondamentale della musealizzazione normale, come vuoi i quadri tradizionali esposti? La parete ceca, vogliono una scatola, l’ultima cosa che vogliono è la finestra, che crea problemi con la luce. A si? Creano 4 scatole per 3 piani. E’ il sogno ideale per chi voglia esporre un Picasso, ma completamente assurdo se voglio esporre il coltellino svizzero di 40 m. Dopodichè altra genialata è la mostra di artisti contemporanei, che vivono nel Guggenheim per 3 anni, in cui stanno lì per l’allestimento di questo artista, e se lo gestisce da solo, nelle ampolle. Di cosa c’è bisogno in un museo contemporaneo? Servono ambienti di mixitè: bar, bookshop, come lo stadio, da monofunzionale, a multifunzionale. Il museo non è solo il luogo dove vai a vedere il quadro, prendi e te ne vai, ma resti lì, e si creano concatenazioni tra di loro, rimani li al ristorante, al bookshop, ai laboratori di ricerca, che sono tutti fruibili dall’esterno, ma fruibili anche da un'altra genialata, perché funziona come collegamento tra fiume e città vecchia, serve da ricollegamento, riappropriazione del Nervion, passo all’esterno, giro e mi vivo la banchina sul fiume sospesa, quindi parliamo di spazio pubblico, “urbanscape”.

Modello informatico
5 e 6 - LA COSTRUZIONE E IL COMPUTER: Immaginiamo che queste parole chiave, siano delle equazioni. E proviamo a immaginare il progetto come se fosse un ottimizzazione di una serie di equazioni. Perché nel progetto si cerca di ottimizzare un’equazione, ma ha delle influenze nelle equazioni restanti, ottimizzando una ha conseguenze nell’altra. Quindi immaginando la traiettoria, potevo forse fare di più, ma è concomitante all’urbanscape, è un processo ricco di varianti, tutti appartenenti alla stessa matrice, ma ognuna cerca di ottimizzare se stessa rispetto alle altre, in un continuo andirivieni, riprogettando. QUINDI IL SISTEMA NON E’ GERARCHICO, MA E’ PARALLELO. Non è che prima decido una cosa, e poi per coerenza decido le altre. Nel sistema classico del funzionalismo e meccanicismo la struttura aveva una forte etica, logica, essenza, e su questo si organizzavano le cose in coerenza o in contrapposizione, ma è gerarchico: come la "Maison Dominò", o "i 5 punti" di Le Corbusier. Ma come lo costruiamo? Gehry ipotizza un bando di concorso, ma l’importante è che sia conveniente, è il sistema delle equazioni indipendenti. E’ chiaro che la struttura entra in conflitto con le altre equazioni, ma come la faccio? Faccio la cosa più ovvia, col triangolo, lo mesho, il più economico possibile. Faccio una mesh tridimensionale, ma è brutta! Chissenefrega, non hai capito niente. Nasce un sistema di mesh a travi, si entra in rapporto coerente con tutti gli latri.
Cantiere
PERCHE’ COMPUTER? Non per la gestione dei volumi e delle mesh. Come faccio a gestire un sistema di 8 equazioni in sistema, col pallottoliere? Il livello di complessità, di aggiustamenti delle equazioni, se non ho un sistema abbastanza veloce a calcolarla, come faccio? Non potrei! Se cambio il modello tridimensionale, devo avere lo strumento che mi consente di fare in automatico piante, sezioni, altrimenti faccio il trullo. Il passaggio rapido di informazioni da un’equazione all’altra. Quindi si basa sulla specificità dei software “Gehry Technology”, ma non è solo un discorso di software, ma anche a livello costruttivo come la pietra da taglio. Quindi il PC entra come fortissimo acceleratore di tutta una serie di cose che già Gehry ha nel suo immaginario, non è la generazione del Grasshopper, o del diagramma di UNStudio, ma lo ha nel suo "imprinting", ma il PC gli consente di fare queste cose, ma non fa parte del suo paesaggio nativo, Gehry non nasce con Grasshopper, nasce col nonno socialista dentro il ferramenta, diverso da Van Berkel, che nasce col diagramma.

Casa Lewis, Cleveland, 1989
FASE 6 - LIQUEFARE: dopo fondere, scioglie, liquidi=liquefare. "Casa Lewis", sembra una casa sottomarina, scioglie, come se fosse sottomarino. Piccolo centro di ricerca. Galleria, spina centrale, in cui libera i vari corpi. Ormai una volta che uno ha i sistemi, si procede in maniera spedita.
"Louis Vuitton", Parigi, Non è la traiettoria Boccioniana, ma ali di farfalla.

1 commento:

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