venerdì 27 marzo 2015

Commento alla lezione 3 del 11-03-2015: "COMUNICAZIONE MARSUPIALE"


Un momento di rottura all’interno dell’architettura contemporanea si crea nell’anno 1973, costruzione del teatro Opera House a Sydney, in cui per la prima volta ad un concorso vince un progetto che segna la caduta del sistema forma/funzione, derivante dalla precedente fase del processo industriale, un’idea
Jorn Utzon, Opera Hose, Sydney, 1973
strutturante del funzionalismo. La cosa bizzarra è che questo forte cambiamento proviene da un ingegnere, classe che spesso viene disegnata come troppo rigida, ma in questo caso il vincitore è un giovane danese, Jorn Utzon, che stava sperimentando nuove soluzioni. La sua è una proposta di un’immagine metaforica, che rimanda ad altro ma non si capisce bene a cosa, data la sua forma e il luogo in cui si trova: può sembrare le ali di gabbiano, possono sembrare le vele di una barca che esce dal porto, ecc… in ogni caso la cosa che a noi più interessa è che l’architettura non si pone come semplice contenitore di una funzione, bensì si presta ad una rappresentazione e comunicazione di se stessa, che ne fa un simbolo a livello mondiale riguardo la comunicazione. Ci troviamo quindi per la prima volta di fronte alla rottura del tabù forma/funzione, ma, come sempre accade in questi casi, prima che venga recepito il messaggio passano diversi anni, in questo caso possiamo stimarli in circa 30 anni nei quali si innescano terribili contraddizioni e dibattiti a riguardo, ed in particolare le domande più frequenti in quegli anni erano: nel cantiere ci sono le capacità per farlo? Gli strumenti sono adatti? Per essere più chiari bisogna pensare che a quel tempo si costruiva essenzialmente in due maniere: da una parte si costruiva attraverso i canoni del Movimento Moderno, e dall’altro si continuava a costruire secondo i canoni accademici, i c.d. “edifici pompier”. Quindi la rottura ovviamente non dobbiamo vederla all'interno dell'atteggiamento accademico, il quale era già rotto e superato perchè era un'architettura solo di facciata, bensì la dobbiamo cercare all'interno del Movimento Moderno, linguaggio contemporaneo e astratto. Infatti, per quanto riguarda il Movimento Moderno, fino ad allora l'interesse era rivolto verso la funzione e la forma che la doveva contenere, mentre con Utzon per la prima volta ci si disinteressa completamente della funzione e ci si concentra su un'idea di architettura che sia puramente rappresentazione. Cambia proprio il concetto, cambia la "driving force", la forza trainante. Cos'è che veramente conta? Quali sono le calamite? In questo caso il progetto non è valido in quanto assolve la sua funzione, ma perchè assolve informazione e comunicazione, che alla fine ha valore economico.
Apro una parentesi a questo punto per dimostrare ciò attraverso un'immagine scattata da me sul treno di ritorno dall'università dopo la lezione in cui non ho potuto non notare l'immagine della borsa della signora di fronte a me che raffigurava proprio l'edificio di Utzon, questo a dimostrazione del fatto che ancora dopo più di 40 anni di distanza dalla sua costruzione riesce ad avere un'importante forza d'immagine nella sua essenza di logo e di autorappresentazione.
In altre parole diventa simbolo all'interno di questa nuova idea di società all'interno di un sistema di valori diffuso.
In questo caso lo strumento utilizzato da Utzon è la metafora. Quest'ultima non veniva assolutamente presa in considerazione dai funzionalisti ed è una figura retorica che viene rimessa in gioco dall'informazione. La figura retorica possiamo definirla come un armamentario legato alla comunicazione che ha la necessità di operare sintesi motivanti, sia effettivamente comunicative sia capaci di attivare una serie di processi.
Quindi ormai abbiamo accertato che a un certo momento della storia arrivano queste figure retoriche, per la prima volta nel 1973, che rompono col passato, quindi segnano una crisi. Ma a chi dà fastidio questo nuovo modo di operare? Sicuramente ai funzionalisti come Le Corbusier, Wright, Mies van der Rohe.
Orologi Swatch
In analogia, in parallelo si può vedere come si è evoluta la pubblicità in queste due fasi. Com'era la pubblicità in epoca industriale? L'obiettivo principale era evidenziare e dimostrare la bontà della funzionalità del prodotto utilizzando una terminologia specifica, ad esempio: "...è più forte...", "...dura di più....". Oggi com'è la pubblicità? Anch'essa, nel cambio di epoca, ha subito un forte cambiamento in cui non è più importante comunicare la bontà della funzionalità del prodotto, bensì "si compra la narrazione del prodotto", perchè fondamentalmente si dà per scontato che il prodotto funzioni egregiamente. Non più fatti oggettivi quindi, ma narrazione di storie.
Apple watch
Un esempio possibile che ce lo dimostra è l'orologio. Ad esempio la Swatch, all'epoca dell'età industriale pubblicizzava ed elogiava il prodotto per la sua qualità nella precisione del tempo. Oggi non si pubblicizza più la sua bontà ma si pubblicizza più lo stile di vita che il marchio vuole rappresentare. Mentre proiettandoci verso il futuro
dell'orologio sicuramente dobbiamo guardare verso l'Apple watch, in cui ormai la funzione di orologio rimane soltanto in posizione marginale, perchè all'interno è contenuta ben altra sostanza, c'è un nuovo ruolo dell'informazione e la stessa cosa accade in architettura, in cui l'informatica è parte integrante del prodotto.
Ritornando all'architettura, il messaggio di Utzon rimane nascosto per circa 30 anni, quando negli anni
Daniel Libeskind, Museo Ebraico, Berlino, 1999, 
90 di colpo ritorna con prepotenza, affermando l'architettura come fatto comunicativo. Il successivo esempio che segue questo atteggiamento lo troviamo nel 1.999, anno di costruzione del Museo Ebraico a Berlino del giovane Daniel Libeskind. Qual'è la "driving force"? Già negli anni precedenti, ancor prima della caduta del Muro di Berlino, si stava pensando ed agendo per l'unificazione della Germania, così questo edificio rappresenta un simbolo e una realizzazione di questo sogno tedesco e in più segna un grande progresso. Cosa avviene nel museo? E' leggibile ed interpretabile solo attraverso queste nuove categorie di linguaggio: astratto, rotture, collasso struttura, ecc... ma anche il fatto che l'edificio si pone statuariamente come presenza nel grande mondo della comunicazione contemporanea. E' una grande macchina che testimonia due cose: sia la divisione di Berlino in due, sia in memoria dell'olocausto, attraverso le i materiali, le luci, le forme, ecc...
Frank Gehry, Guggenheim Museum, Bilbao, 1997 
Altro edificio simbolo è il Guggenheim Museum di Bilbao, firmato Frank Gehry. E' assolutamente l'elemento catalizzante dell'intera città ed è di estrema importanza anche dal punto di vista dell'impatto economico perchè è riuscito a perforare una serie di immaginari nel mondo dell'informazione. E' cosa ormai nota che la città di Bilbao si è trasformata da città industriale, sprofondando in una crisi, e risorgendo riposizionandosi nel mercato globale dell'informazione, avendo caratterizzato in maniera molto personalizzata l'immagine della città con una serie di edifici strabilianti in cui la punta di diamante è proprio il Guggenheim. In questo modo si è cambiata la struttura della città affermando e promuovendo, con queste iniziative, un turismo via via sempre più fiorente permettendo così uno sviluppo economico non solo del settore del turismo, ma di tutti i settori.
Steven Holl, Museo Chiasma, Helsinki, 1998
Per chiudere il cerchio del discorso come ultimo esempio di costruzione di una forma retorica in architettura prendiamo il Museo di Arte Contemporanea ad Helsinki di Steven Holl. Perchè rappresenta la chiusura del cerchio? Perchè non si riuscirebbe a comprendere il risultato finale se non si capisce che Holl si muove con ragionamento metaforico. Come ragiona Holl? Comincia a studiare la situazione contestuale: è collocato lungo il viale che và verso il lago, c'è il Parlamento Neoclassico, una Chiesa Romanica, edifici di Alvar Aalto, una stazione Neoromantica, quindi un contesto assai variegato e giaciture molto diverse. Così pensa che il filo conduttore debba essere l'intreccio e l'intersezione. La chiave del progetto avviene come sovrapposizione dell'immagine dei nervi recettori: il chiasma. Lo comincia a studiare dal punto di vista fisico-biologico, cioè è l'inversione della retina da destra a sinistra e da sinistra a destra. Poi disegna gli intrecci, produce le tavole con cui si presenta al concorso dove però ha bisogno di uno slogan, di un motto e sceglie la parola "kiasma". Vince il concorso e si realizza il progetto. A questo punto si chiude il nostro cerchio. Originariamente il museo si chiamava "Museo di Arte Contemporanea" mentre ora la Municipalità ha voluto cambiarlo in "Kiasma". La riflessione e la distinzione che ci preme sottolineare è che un conto è applicare una facciata a un edificio estraneo a un'architettura classica, ben altro è far entrare nelle fibre stesse una metafora, nella genesi dell'edificio. Questo spazza via completamente il Post-Modernismo. Emblema di quest'ultimo
 atteggiamento è la famosa vignetta di Robert Venturi in cui applica uno strato di una minestra su una lattina di Coca Cola, mentre ben diverso è entrare nelle fibre stesse, come nel caso del Kiasma, di tutto l'edificio, e non solo una parte, solo la facciata.
Quindi metafora e comunicazione a un certo punto le si vuole far entrare fin dentro le viscere e non solo applicate a posteriore senza alcun collegamento.






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